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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2014 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 01 dicembre 2014 alle ore 11:08.
Il cronoprogramma di certo non poteva prevedere che nello stesso giorno in cui venivano fissate le prove tecniche di sollevamento delle prime paratoie, nelle aule giudiziarie si formalizzassero gli ultimi patteggiamenti eccellenti dell'inchiesta partita un anno e mezzo fa. Quasi a chiudere un doppio ciclo: quello dello scandalo di tangenti e sovraffatturazioni, ma anche quello del completamento del “grosso” dell'opera, che, con l'innalzamento della prima parte della barriera anti-marea, ha reso visibile e tangibile la funzione della mastodontica e avveniristica opera d'ingegneria che il mondo studia e ci invidia.
Il Mose ieri ha preso forma e ha rialzato la testa. Le 21 enormi paratoie gialle (200 tonnellate di metallo ciascuna, 20 metri di larghezza per 5 di altezza), hanno dimostrato che l'opera è andata avanti nonostante tutto, raggiungendo l'85% del completamento. In mezz'ora, lungo i 400 metri della bocca di porto del Lido Nord (le bocche in entrata in laguna sono quattro: Lido Nord, Lido Sud, Malamocco e Chioggia), sono emerse dall'acqua portandosi, sotto il controllo vigile degli ingegneri che ne hanno monitorato il funzionamento elettromagnetico e davanti agli occhi dei tecnici giunti da Olanda, Germania, Inghilterra e Stati Uniti, ad una inclinazione di 45°, che ha bloccato più di mille metri cubi di acqua al secondo.
La fine dei lavori è slittata di sei mesi, alla metà del 2017, ma i finanziamenti promessi dallo Stato sono confermati (anche i 137 milioni che erano stati tolti dai 401 concessi dal Cipe, ora riammessi nella Finanziaria 2015). Il costo complessivo dell'opera è bloccato a 5,493 miliardi; sono da trovare “solo” 226 milioni. Le 57 paratoie mancanti (sono in tutto 78), già assegnate con gara, verranno costruite nei prossimi mesi dalla veronese Cordioli, circa 20 milioni il valore del lotto, e dai croati della Brodosplit, che si sono aggiudicati una commessa provvisoria di circa 50 milioni. Ora partiranno le gare per l'impiantistica.
«Dopo la procedura di commissariamento del 26 ottobre – ha detto il presidente del Consorzio Venezia Nuova Mauro Fabris – abbiamo fatto tutto il nostro dovere per dimostrare che il sistema funziona. Adesso, aspettiamo con la massima disponibilità l'arrivo dei commissari, per il quale stiamo collaborando fattivamente con la prefettura di Roma per la stesura del relativo decreto».
I commissari, presumibilmente più d'uno, arriveranno al Consorzio Venezia Nuova entro dicembre; ancora non sono chiari i compiti e i perimetri entro cui agiranno, essendo il commissariamento del Mose il primo di un consorzio di aziende e quindi una procedura sperimentale. «È stato in ogni caso – ha aggiunto Fabris – un atto necessario e una risposta di garanzia che serviva al paese».
Così come lo è la prosecuzione dell'indagine giudiziaria. Che ha visto ieri il patteggiamento a 2 anni e 6 mesi di reclusione, oltre al sequestro di 1.500 euro, per l'ex assessore regionale Renato Chisso, braccio destro dell'ex governatore Giancarlo Galan. Il giudice, sulla scorta dell'indagine della procura che aveva ricostruito tangenti per 6 milioni di euro, ha disposto l'eventuale recupero di 2 milioni qualora venissero rinvenute le dazioni finora mai trovate dagli inquirenti. Mentre sempre ieri la Cassazione ha annullato la carcerazione inflitta a Marco Milanese, ex consigliere di Giulio Tremonti, arrestato per corruzione 5 mesi fa dalla Gdf nell'ambito del filone milanese dell'inchiesta. La Sesta sezione penale ha riqualificato la corruzione nel reato di «traffico di influenze illecite».