Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2014 alle ore 15:11.
L'ultima modifica è del 01 dicembre 2014 alle ore 15:14.

My24

«Cosa la preoccupa di più?». Mentre risponde, Antonio Spilimbergo – capo missione Russia per il Fondo monetario internazionale – insiste sulle parole «passo dopo passo», su un cambiamento che avviene poco per volta, «senza fare titolo sui giornali», incidendo sul medio-lungo termine: mentre ci si rende sempre più conto che le sanzioni reciproche rischiano di restare in vigore più a lungo del previsto, «la Russia va verso una maggiore autarchia. Che si spiega con i motivi geopolitici, ma che è pericolosa dal punto di vista economico, perché sappiamo per esperienza che i Paesi che non sono bene integrati con il resto del mondo crescono meno».

Un’inversione di rotta?
Prima della Crimea, il cammino economico della Russia era abbastanza ben definito: l'integrazione con l'Occidente e con l’economia globale, passata per l'ingresso nella Wto (l’Organizzazione mondiale per il commercio, ndr) nel 2012. C'era l’idea che una maggiore integrazione avrebbe permesso lo sviluppo del settore non petrolifero. Ora però è chiaro che la Russia è interessata ad avere un’economia più resistente agli avvenimenti o alle pressioni esterne, in una direzione diversa.

Il rallentamento si spiega soprattutto con la geopolitica e il calo del petrolio, o anche con ragioni preesistenti questa crisi?
L’economia russa si stava raffreddando anche prima: dopo gli anni del boom e la crisi globale del 2008, dal 2010 è andata rallentando, fino al +1,3% dell’anno scorso. Questo perché il modello di sviluppo seguito nei dieci anni precedenti era venuto a esaurirsi: il prezzo del petrolio ha smesso di crescere ed è venuta meno la capacità inutilizzata, con la disoccupazione scesa a livelli molto bassi. Un ulteriore progresso avrebbe richiesto un salto tecnologico, non più un’imitazione basata sull’importazione dall’esterno di tecnologia già utilizzata.

Le autorità sono consapevoli di quello che si dovrebbe fare?
Nel suo discorso di insediamento nel maggio 2012, Vladimir Putin pose obiettivi chiari: per il business, lo sviluppo di un clima favorevole a far entrare capitali russi, ma soprattutto stranieri. Putin ha identificato la lotta alla corruzione come un freno all'impresa privata. Poi, però, è stato difficile compiere il salto necessario alla Russia per continuare a crescere a un ritmo sostenuto. E ora la crisi geopolitica è stata uno shock forte su un terreno già indebolito. A cui si è aggiunto il calo del prezzo del petrolio.

Come giudica l’operato della Banca centrale russa, stretta nel dilemma tra lotta all’inflazione e rischio di stagnazione?
Il primo mandato della Banca centrale russa è contenere l’inflazione e questa è una fase molto delicata perché la Banca sta cambiando il proprio schema di politica monetaria. Fino a qualche anno fa il cambio era una variabile fondamentale, ora si sta passando all'inflation targeting che, dal 2015, sarà il solo obiettivo. La crescita non è una variabile fondamentale e neanche il cambio lo sarà: solo in quanto strumento con qualche influenza sull'inflazione. Il rublo, del resto, è sempre stato legato soprattutto all'andamento del prezzo del petrolio. Seguendo il mandato, la Banca centrale quest’anno ha aumentato i tassi di interesse a livello cumulativo di 4 punti percentuale: non è chiaro se sarà abbastanza per tenere sotto controllo i prezzi.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi