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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2014 alle ore 14:56.
L'ultima modifica è del 01 dicembre 2014 alle ore 15:13.

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C'è chi ritiene che la crisi con l'Occidente potrebbe trasformarsi in possibilità per l'industria nazionale, chiamata a sostituirsi alla concorrenza straniera esclusa dalle sanzioni. Ma è una strada lunga: per ora, secondo Konstantin Sonin, i più vulnerabili sono i consumatori con i redditi più bassi, colpiti da un'inflazione che nel settore agroalimentare è salita in ottobre dell'11,5% annuo. «Più i prezzi salgono e più vengono colpiti i poveri, che spendono la parte principale dei propri guadagni in cibo, con sempre meno soldi per il resto». Così il calo dei consumi si espande sugli altri settori, «e assistiamo a una drastica riduzione degli acquisti, dalle auto ai viaggi». Ma c'è un altro dato che dovrebbe preoccupare il presidente russo: per la prima volta in cinque anni in ottobre è stato segnalato un calo dei salari reali. La strada inversa a quella che Putin aveva imboccato nei suoi primi anni, ridistribuendo meglio le ricchezze del Paese e migliorando il livello di vita. Quella è la radice della sua popolarità. Il presidente l'ha sostituita con il nazionalismo nato dalla crisi ucraina. Basterà? Fino a quando?

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