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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2014 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 03 dicembre 2014 alle ore 11:13.

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Il presidente della Bce, Mario Draghi (Epa)Il presidente della Bce, Mario Draghi (Epa)

Per qualche tempo, è stata la riunione della Bce più attesa. Le parole del presidente Mario Draghi a Helsinki sono state paragonate alla frase «whatever it takes» pronunziata a Londra nel giugno 2012, quando disse appunto «faremo quello che occorre per salvare l’euro». Ora le prospettive sono molto diverse: aspetterà ancora, forse a gennaio.

Draghi punta a nuove iniziative...
Draghi è stato molto esplicito: «Faremo ciò che è necessario per conseguire il prima possibile un aumento dell'inflazione e delle aspettative di inflazione, nel rispetto del nostro mandato di preservare la stabilità dei prezzi. Se la direzione attuale della nostra politica non risulterà sufficientemente efficace a tale scopo, o se si concretizzeranno ulteriori rischi per le prospettive di inflazione, saremo pronti a esercitare maggiori pressioni e ad ampliare ancora i nostri canali di intervento, ricalibrando di conseguenza l'entità, il ritmo e la composizione degli acquisti». Dopo un’inflazione di nuovo allo 0,3% a novembre, cosa mancava al quantitative easing, si chiedevano gli investitori?

...ma Lautenschläger lo frena
Poi le attese si sono raffreddate. «Una valutazione dei costi e dei benefici, delle opportunità e dei rischi di un’ampio programma di bond governativi non dà un risultato positivo», ha detto Sabine Lautenschläger, componente del board della Bce ed ex vicepresidente della Bundesbank, e giurista, che ha citato «un serio problema di incentivi», senza elaborare molto questo punto, ma ha ricordato che «gli interessi a lungo termine sui titoli di Stato italiani e spagnoli, per esempio, sono già più bassi di quelli degli Stati Uniti e della Gran Bretagna ed è dunque discutibile se dovremmo deprimere i tassi anche di più».

Primo obiettivo: stabilità dei prezzi
La Bce è dunque ancora molto divisa al suo interno, e le posizioni non sono semplicemente “nazionaliste”. Draghi ha preso posizione a favore di una politica monetaria che persegue innanzitutto, se non esclusivamente, il mandato della stabilità dei prezzi. È vero che il calo dell’indice di inflazione è in parte determinato dal calo del petrolio, ed è quindi - più precisamente - una variazione dei prezzi relativi. Le aspettative di inflazione, anche più importanti dell’inflazione stessa, puntano però verso il basso.

Il nodo degli incentivi e la posizione di Constancio
Sul fronte opposto c’è chi ritiene che la Bce debba inseguire anche altri obiettivi, evidentemente altrettanto importanti, e non invece subordinati a quello della stabilità dei prezzi. Tra questi, il compito di non dare ai governi incentivi sbagliati e spingerli ad aumentare le spese pubbliche limitando le “pressioni dei mercati” sui rendimenti. Piuttosto discutibile, e solo funzionale a questo ragionamento, è infatti il confronto tra i rendimenti di titoli di Stato di Usa e Gren Bretagna - paesi in ripresa con aspettative di inflazione più alte - con quelli di Spagna e Italia, paesi comunque in difficoltà e con aspettative di inflazione molto basse. Senza contare che - sottolineano monetaristi come Lars Christensen di Den Danske Bank - tassi a lungo termine bassi non segnalano una politica monetaria espansiva, ma una politica monetaria che è stata troppo restrittiva (e ha abbassato le aspettative di inflazione). «Non è compito di una banca centrale - ha non a caso detto il vicepresidente Victor Constancio contrastando questa idea - esercitare più o meno pressioni sui governi perché adottino politiche di cui sono responsabili».

La linea di Cœuré
Alla fine, ne sono convinti in molti, prevarrà la linea di Benoît Cœuré: «Dobbiamo capire quanto funziona ciò che abbiamo già deciso, non ci precipiteremo verso nuove decisione senza sapere», ha spiegato. Le operazioni su Abs e di Covered bond sono appena iniziate, e per il momento sono stati acquisiti titoli per 18,2 miliardi, mentre a metà mese è prevista la seconda tranche di Tltro, le operazioni di liquidità prestata alle banche per permettere loro di effettuare prestiti alle imprese. Finora i risultati sono stati deludenti, il bilancio Bce - che dovrebbe arrivare ai 3mila miliardi di attivi - è fermo a 2.053 miliardi e sale molto lentamente. L’idea predominante, comunque, sembra essere quella di aspettare.

Un Qe a gennaio?
Gennaio è una data più probabile per il lancio di nuove iniziative. La pubblicazione domani delle previsioni dello staff Bce su inflazione e crescita dovrebbe quindi precisare queste aspettative: dovrebbero segnalare un ulteriore peggioramento della situazione e quindi creare un senso di urgenza che può agire sui mercati prima ancora che sul board della Bce. Importanti, per capire la direzione presa dalla politica monetaria, saranno come sempre le parole di Mario Draghi.

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