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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 03 dicembre 2014 alle ore 06:47.

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BRUXELLES

La Commissione europea ha annunciato che presenterà entro marzo una proposta per favorire lo scambio automatico di informazioni relative agli accordi fiscali concessi da alcuni paesi alle società multinazionali. L’annuncio è giunto ieri qui a Bruxelles dopo che Germania, Francia e Italia hanno chiesto all’esecutivo comunitario di fare nuovi sforzi per lottare contro l’elusione fiscale, cavalcando una armonizzazione fiscale che molti paesi guardano con prudenza, a iniziare dalla Gran Bretagna.

In una missiva inviata a Bruxelles alla fine della settimana scorsa, i ministri delle Finanze dei tre paesi europei spiegano che «la rivelazione recente dei comportamenti di alcuni contribuenti e di alcuni paesi ha superato i limiti dell’accettabile, riguardante la concorrenza che alcuni stati membri praticano gli uni contro gli altri». Berlino, Parigi e Roma considerano che «la mancanza di armonizzazione fiscale è una delle principali cause della pianificazione fiscale aggressiva».

I ministri sono dell’avviso che una direttiva per lottare insieme contro l’elusione fiscale, l’erosione della base imponibile e il trasferimento dei profitti in paesi fiscalmente più convenienti dovrebbe essere approvata entro la fine del 2015.

La presa di posizione è giunta dopo che una inchiesta giornalistica ha sottolineato come il Lussemburgo abbia concesso nell’ultimo decennio centinaia di generosi accordi fiscali a numerose società multinazionali, riducendo il gettito fiscale dei paesi vicini.

La vicenda ha messo in evidente difficoltà la nuova Commissione, presieduta da un ex premier lussemburghese, Jean-Claude Juncker. Quest’ultimo ha promesso di imprimere una accelerazione nella lotta all’evasione e all’elusione fiscale.

L’esecutivo comunitario ha promesso qualche giorno fa di riprendere in mano una proposta legislativa del 2011, sempre ferma sul tavolo del Consiglio, che dovrebbe servire a creare una comune base imponibile per le società europee.

La portavoce dell’esecutivo comunitario, Vanessa Mock, ha spiegato ieri qui a Bruxelles: «Il commissario responsabile dei problemi di tassazione, Pierre Moscovici, accoglie molto favorevolmente questa lettera, a cui risponderà più tardi nel corso della settimana». Il problema dell’elusione fiscale «è una questione cruciale». La Commissione europea, ha aggiunto, presenterà un testo legislativo sullo scambio automatico di informazioni relative agli accordi fiscali nel primo trimestre del 2015.

Nella loro lettera, i ministri tedesco, francese e italiano fanno capire che l’Unione europea deve fare di più e più velocemente per permettere che la riforma possa essere approvata dal Consiglio e dal Parlamento entro la fine dell’anno prossimo.

La lettera italo-franco-tedesca segue di poche settimane un recente incontro del G-20 a Brisbane, in Australia, nel quale i partecipanti hanno promesso di mettere mano e risolvere il problema dell’ottimizzazione fiscale entro la fine del 2015.

È chiaro che la vicenda lussemburghese ha provocato polemiche in molti paesi, mentre i governi, alle prese con un elevato indebitamento pubblico, sono in difficoltà nell'arginare le tensioni sociali. Si capisce perché a Roma, Parigi e Berlino si voglia agire su questo fronte. Il problema è che il tema fiscale prevede l’unanimità dei Ventotto. Contrasti con Londra, in difesa delle prerogative nazionali, sono prevedibili. Membri dell’establishment inglese si sono detti contrari a forme di armonizzazione fiscale.

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Berlino, Parigi e Roma in pressing su Bruxelles

I DANNI SUBITI

Nella lettera inviata alla Commissione Ue, Francia, Germania e Italia, segnalano che la mancata uniformità dei trattamenti fiscali nella Ue «è una delle principali cause di una pianificazione aggressiva dal punto di vista fiscale, un’erosione della base impositiva e provoca uno spostamento dei profitti»

IL PRINCIPIO DI BASE

La base di partenza, secondo i tre tre governi, è che ogni società «deve pagare le tasse nello Stato dove sono generati i profitti». Il riferimento diretto è alle pratiche delle grandi società che aggirano la tassazione degli Stati nei quali operano scegliendo la residenza nel Paese che presenta i maggiori vantaggi fiscali

LA RICHIESTA

I tre governi chiedono a Bruxelles una direttiva per impedire la concorrenza fiscale sleale che sia adottata «dai 28 Paesi membri prima della fine del 2015». «Una serie di regole comuni, vincolanti sulla tassazione d’impresa che alimenti la competitività e combatta la pianificazione fiscale aggressiva»

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