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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2014 alle ore 17:02.
L'ultima modifica è del 03 dicembre 2014 alle ore 18:14.

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Stefan Lofven (Epa)Stefan Lofven (Epa)

La Svezia ha indetto elezioni anticipate per il 22 marzo prossimo, a neppure tre mesi da quelle vinte dal Partito socialdemocratico in settembre. Ad annunciarle è stato il premier Stefan Lofven, dopo che il suo governo di minoranza si è visto bocciare il budget (182 a 153) dall’opposizione di centrodestra, apppoggiata dai Democratici svedesi.

Il partito di estrema destra guidato da Jimmie Akesson aveva minacciato di rendere la Svezia ingovernabile se il Paese - con una storica tradizione di accoglienza - non avesse imposto politiche migratorie più restrittive, come la vicina Danimarca. E ha messo in atto il piano, forte del ruolo di ago della bilancia conquistato alle elezioni di settembre, quando conquistò quasi il 13% dei voti. Complice la debolezza dell’esecutivo rosso-verde che ha rimpiazzato quello di centrodestra dopo otto anni di governo.

A questo punto il premier ha scelto la strada del voto anticipato, scartando l’opzione di cercarsi una nuova maggioranza e chiedere un reincarico. «Non prenderò l’iniziativa di nuovi negoziati» ha dichiarato Lofven in conferenza stampa. Mostrandosi poi subito combattivo e pronto ad affrontare una lunga campagna elettorale. «Abbiamo formato un governo - ha detto - abbiamo un budget: con quello ci presenteremo alle elezioni».

I due partiti della coalizione, i Verdi e i socialdemocratici, condurranno due campagne separate. Il capo del governo ha d’altro canto criticato l’opposizione di centrodestra, che a suo dire ha permesso ai Democratici svedesi di dettar legge nella politica nazionale. Il centrodestra dovrà a sua volta scegliere a questo punto un candidato primo ministro, come pure i Democratici svedesi, vista l’assenza per malattia di Akesson.

Quel che appare certo è che la Svezia, per anni considerata un esempio di stabilità politica ed economica (quelle convocate oggi sono le prime elezioni anticipate dal 1958), rischia di andare incontro a un periodo di incertezza che già spaventa il mondo del business, nonostante i buoni fondamentali non facciamo temere nel breve termine. Non a caso dai ceo di alcune delle aziende più significative è arrivato un appello ai principali partiti.

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