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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2014 alle ore 16:38.

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Una delle peggiori – nel senso, di più dure e irrituali – vertenze italiane degli ultimi anni ha dato – per fortuna – un esito inaspettato. Acciaierie Speciali Terni non verrà ridotta al lumicino dai tedeschi di Thyssenkrupp. Nessuna delle due linee produttive verrà smantellata. Saranno realizzati investimenti per 130 milioni di euro. Ci saranno lavori migliorativi sia per l'acciaio colato sia per la parte a freddo. Nei fatti le dimissioni saranno tutte volontarie, con una base di 80mila euro a testa per gli operai e i tecnici intenzionati a lasciare questo settore. Poteva finire molto male. I dipendenti hanno diviso in due il Paese occupando l'Autostrada del Sole. L'azienda tedesca ha reagito congelando gli stipendi a chi occupava la fabbrica. Le forze dell'ordine hanno manganellato, a Roma, i manifestanti.

Alla fine, grazie al lavoro quotidiano del Governo e alla ritrovata centralità del tema siderurgico nell'agenda di Renzi, il gruppo tedesco ha scelto di non smobilitare. Resta l'elemento strategico: ThyssenKrupp non ha un vero interesse nell'alluminio, segmento da cui è uscito da tempo. Resta un altro dato di fatto: piuttosto che fare morire una controllata, che vuoi vendere, è meglio ristrutturarla decentemente – e adesso questo è possibile, a costi relativamente contenuti – e poi cercare un acquirente che non voglia prenderla in cambio di un piatto di lenticchie. Paradossalmente la crisi, che ha rotto gli equilibri della siderurgia europea e internazionale, ha avuto l'effetto benefico di congelare il quadro di contesto. E, così, almeno per ora, nessuno a Terni si è fatto male.

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