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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2014 alle ore 07:28.
L'ultima modifica è del 17 marzo 2015 alle ore 18:14.
NEW YORK - Uber, uber alles. Sopra tutto e tutti. La società di San Francisco che sta rivoluzionando i servizi di taxi ai quattro angoli del mondo con l'uso di Internet adesso vale più di 41 miliardi di dollari. Cioè quanto lo storico gruppo di telecomunicazioni Time Warner Cable. E più di altri noti nomi della Corporate America vecchia e nuova del calibro della compagnia aerea Delta Airlines, del broker finanziario Charles Schwab, del re degli alimentari Kraft Foods e del colosso dei servizi di collocamento al lavoro Salesforce.com.
La progressione di Uber ha dello spettacolare. Nessun gruppo non quotato e sostenuto da venture capital, oggi, raggiunge livelli simili. Anche se quattro di loro sono ormai stimati almeno dieci miliardi, Airbnb, Dropbox, Snapchat e la cinese Xiaomi. Proprio quest'ultima, un'azienda di smartphone, secondo indiscrezioni potrebbe essere l'unica a insidiare Uber: starebbe rastrellando fondi che sosterrebbero una valutazione superiore ai 40 miliardi.
Per misurare la strada percorsa finora dai suoi taxi basta ricordare che soltanto l'anno scorso il servizio online era considerato una società brillante ma da forse 3,5 miliardi di dollari. Agli inizi del 2014 era lievitata molto in valore, fermandosi tuttavia a circa 18 miliardi.
La corsa della valutazione - frutto di un giro di raccolta di capitali per 1,2 miliardi e di piani per raccogliere altri 600 milioni da investitori strategici - non teme neppure le polemiche. Sono degli ultimi giorni ripetuti passi falsi della società: un suo top executive durante una cena formale ha minacciato di sguinzagliare investigatori privati alle calcagna di giornalisti critici. Ed è sospettata di “pedinare” a loro insaputa i clienti grazie all'alta tecnologia, un programma battezzato God View che ha messo in dubbio il suo rispetto della privacy.
Uber ha anche le idee chiare su che cosa intende fare con le nuove risorse: continuare a crescere, superando le resistenze di autorità e tassisti tradizionali, sui mercati globali. L'amministratore delegato Travis Kalanich ha indicato che la società non vuole fermarsi alla sua attuale presenza, 250 città in 50 paesi. In parte i fondi verranno tuttavia dedicati anche a migliorare i sistemi interni e la cultura aziendale. Il chief executive ha infatti ammesso “errori” e la necessità di “imparare” da questi.
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