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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2014 alle ore 06:39.
L'ultima modifica è del 15 dicembre 2014 alle ore 12:48.
Almeno su un punto Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto sono d’accordo: alla partita sul Quirinale Fi deve presentarsi compatta, altrimenti non avrà voce in capitolo e «perderemo tutti». Sul resto invece, l’incontro protrattosi per più di quattro ore tra il Cavaliere e Mister preferenze è stato, come “confessato” dallo stesso Fitto uscendo da Palazzo Grazioli, «interlocutorio ma positivo».
L’invito a Palazzo è giunto in mattinata, senza preavviso. Berlusconi aveva appena rilasciato un’intervista all’Huffington post nella quale bocciava tra l’altro nuovamente le primarie (con questo sistema «sono usciti i peggiori amministratori della sinistra: Pisapia, Marino, Doria, De Magistris») e consigliava a Fitto di «non imitare» Fini e Alfano. Non certo un aperitivo per addolcire l’ospite.
Ma il Quirinale è obiettivo troppo importante e dunque nell’incontro con l’eurodeputato pugliese Berlusconi si è mostrato meno rigido. Anche sulle primarie, almeno per l’individuazione del candidato alle prossime regionali. Spetterà al trio Letta-Verdini-Ghedini, presenti al pranzo, trovare le soluzioni per arrivare a quella rifondazione del partito che possa mettere d’accordo tutti.
Adesso bisogna preoccuparsi di come arrivare all’indomani delle dimissioni di Giorgio Napolitano. «Mi aspetto un percorso di condivisione che consenta di avere un Presidente della Repubblica che non sia solo espressione della sinistra». Qualcuno legge quel «solo» come un’apertura. Ma se lo è, va interpretata in chiave tattica. Così come il tira e molla sull’Italicum e la riforma costituzionale del Senato. Anche su questo Berlusconi e Fitto la pensano allo stesso modo. Il leader di Fi si mostra disponibile sulla clausola proposta da Renzi che prevede l’entrata in vigore dell’Italicum dal 1° gennaio 2016: «Non mi sembra francamente una questione rilevante. Prima o dopo l’importante è che si realizzi una buona legge che non penalizzi nessuna delle parti in causa». Ma è una disponibilità condizionata. Per Berlusconi «è evidente» che se c’è un dialogo sulle riforme istituzionali questo deve estendersi anche alle istituzioni e quindi al Quirinale. Ecco perché l’importante non è tanto come uscirà l’Italicum dal Parlamento ma soprattutto quando. La pensa così anche Fitto che peraltro può contare a Palazzo Madama su una trentina di senatori e può quindi mettere in difficoltà il passaggio della legge elettorale.
Berlusconi non si mette di traverso. Ma non intende certo delegare ad altri la trattativa con Renzi. Il pranzo con Fitto è anche un messaggio al premier che potrebbe ritenerlo non più affidabile, non più capace di garantire i voti dei gruppi parlamentari azzurri. Per questo ieri è intervenuto anche per smentire la sua presunta disponibilità sulle preferenze: non se ne parla, ribadisce. Il leader è sempre lui: «L’unica cosa che escludo è di non essere in campo». E nel frattempo si prepara a lanciare un nuovo viedoemessaggio in cui promuoverà la flat-tax e un altro che avrà al centro i pensionati.
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