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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2014 alle ore 06:35.
L'ultima modifica è del 08 dicembre 2014 alle ore 06:44.

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La caduta verticale del prezzo del petrolio, nelle ultime settimane, è da considerare – secondo Mauro Vicini, responsabile dell’analisi fondamentale a Websim – «un elemento strutturale, effetto della “guerra” fra i Paesi arabi, che hanno bassi costi d’estrazione, per mettere fuori mercato lo shale oil americano», che viene portato in superficie con un costoso processo chimico dalle pesanti ripercussioni ambientali e la cui estrazione è conveniente solo se il greggio resta sopra i 50-60 dollari al barile.

Ma quali sono le ripercussioni del ribasso del greggio sulla Borsa italiana? In condizioni normali ci sarebbe da fare festa, perché per l’Italia, Paese costretto a importare materie prime energetiche per far girare il suo sistema industriale, un petrolio meno caro rappresenterebbe solo un vantaggio. Non siamo però in una condizione normale, nel senso che la morsa della crisi economica impedisce un sano sviluppo e quindi la propensione al consumo resta molto bassa. Non a caso si parla ormai apertamente di possibile deflazione nei Paesi del Sud Europa.

Detto questo, però, a Piazza Affari si segnalano certamente titoli quotati che possono risentire positivamente del minor costo del greggio. «I benefici più immediatamente intuibili – osserva Vicini – riguardano i settori dei trasporti, delle compagnie aeree e dell’automotive: se il carburante costa meno, probabilmente si tenderà a viaggiare di più e allora le società di questi settori diventano interessanti per l’investitore». In una logica di stock picking, tenendo conto di queste osservazioni, Vicini consiglia World Duty Free (oggi vale 7 euro, il target tecnico è a 7,9), Atlantia (è attorno ai 20 euro, ha un target fondamentale a 23,5) e Fca (10,4 il prezzo, 10,8 l’obiettivo sull’analisi dei numeri di bilancio attuali e sulle prospettive previsionali).

Un altro settore che può guadagnare dal calo del greggio è quello dei cementieri, a partire da Buzzi Unicem, che vale quasi 12 euro e ha un punto d’arrivo fondamentale del rialzo a 12,60 e ancor di più (13-13,50 euro) per l’analisi tecnica. Fra gli industriali è da guardare con attenzione anche Pirelli, che al momento ha un prezzo poco sotto gli 11,50 euro, con un obiettivo a 16, perché beneficerà di un euro debole, del calo del prezzo delle materie prime e del buon andamento del settore premium nel mercato degli pneumatici, dove i margini sono maggiori. Bene anche Finmeccanica, che rientra fra i grandi consumatori globali di petrolio e che opera direttamente nel settore.

«Più in sofferenza – continua Vicini – sono invece i servizi petroliferi, come Tenaris o Saipem, perché l’estrazione dello shale gas ha un break even di convenienza, rispetto al greggio, a 90-100 dollari per barile di petrolio, mentre sotto i 60-70 dollari queste aziende vanno in difficoltà».

Detto questo, però, non è neppure immaginabile che questa caduta del petrolio condanni all’oblio le grandi major. «La nostra idea – afferma Vicini – è che il prezzo del greggio si assesterà attorno ai 70 dollari per barile. Ma se dovesse scendere sotto i 65 dollari, allora sarebbe il caso di dare un occhio attento alle compagnie petrolifere, come Eni».

La compagnia italiana, in particolare, sta certamente soffrendo per lo scenario di fondo del settore oil, peggiorato decisamente negli ultimi mesi. «La debolezza del prezzo del greggio – conclude Vicini – incide naturalmente sulle prospettive di lungo periodo della società, ma solo se il calo verrà consolidato nel tempo. Se si tratterà di un fatto temporaneo, l’incidenza sui conti di Eni sarà modesta». E per questo un calo del titolo in Borsa potrebbe rappresentare un’occasione d’acquisto, se ben ponderata rispetto all’andamento del prezzo della materia prima.

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