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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2014 alle ore 13:10.

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Pagina storica per il movimento olimpico: d'ora in poi la città sede dei Giochi potrà “cedere” alcune gare ad altre città dello stesso Paese o anche straniere, in via eccezionale e per ridurre i costi. Approvati i primi tre punti di un pacchetto da 40 nuove linee guida per riforma del processo di candidatura durante la 127esima sessione plenaria del Cio. Nessun voto contrario nonostante qualche preoccupazione espressa da alcuni membri del Comitato Olimpico. Una decisione, dunque, verso Giochi attrattivi ma sostenibili, dove una candidatura - limitate a quattro le presentazioni pubbliche - verrà valutata positivamente a patto che presenti un progetto che sia adatto alla sua realtà sociale, economica, ambientale e sportiva. Via libera anche per l'uso di infrastrutture provvisorie.

«I Giochi possono avere successo anche con modelli diversi - ha spiegato l'australiano John Coates, direttore del gruppo di lavoro che si è occupato di questa riforma - e uno di questi può prevedere, in via eccezionale, che alcune competizioni possano essere accolte all'estero o comunque fuori dalla città designata come sede per ragioni di sostenibilità». Il contratto che verrà stipulato per l'assegnazione dell'Olimpiade, inoltre, prevederà un contributo finanziario dello stesso Cio che parteciperà anche ai costi relativi alle visite della Commissione di valutazione e delle delegazioni. Nessuna novità invece sulla “regola” non scritta della rotazione dei Continenti al momento di assegnare i Giochi.

L'apertura a Giochi low-cost per motivi «geografici o sostenibilità» arriva come diretta conseguenza della corsa ai Giochi Invernali del 2022, con quattro delle sei candidate costrette a rinunciare. La riforma approvata oggi potrebbe avere un impatto già sull'edizione del 2018 a Pyeongchang, visto che lo stesso Cio ha suggerito agli organizzatori di spostare le gare che riguardano bob, slittino e skeleton nel sud del Paese evitando una spesa da 100 milioni di dollari per impianti che, finiti i Giochi, rischierebbero di rimanere inutilizzati.

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