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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2014 alle ore 07:04.

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Ci sono gli uragani in Florida e i terremoti in California. Ma anche le tempeste nei Caraibi o quelle in Messico. O le alluvioni in Europa. Grazie alla fantasia dell'ingegneria finanziaria, da anni è possibile scommettere contro qualcosa che è completamente decorrelato dall’isteria dei mercati finanziari: le catastrofi naturali. Le quali non dipendono dal sentiment di Borsa ma dai capricci di Madre Natura.

Emissioni quadruplicate in 10 anni
Lo sviluppo dei Catastrophe bond (detti anche Cat bond) è sorprendente: varate una ventina di anni fa e rimaste inizialmente nell’ombra, le emissioni sono quadruplicate in valore nel giro degli ultimi 10 anni (dai 5 miliardi di dollari del 2004 ai 20 miliardi attuali). E sono destinate a quadruplicare di nuovo nella prossima decade, assicura Paul Traynor, capo del settore insurance a BNY Mellon. Circa metà dei fondi pensione europei o statunitensi hanno in portafoglio delle “obbligazioni catastrofe”, che sono state sdoganate anche dalle grandi istituzioni mondiali (in giugno ha fatto notizia la prima emissione di “Cat” targata World Bank). La domanda del mercati, insomma, è sostenuta. E i ritorni da non disdegnare: nei primi nove mesi dell'anno scorso il total return dei “Cat”, secondo lo Swiss Re index, ha sfiorato il 9,5%, per rischi che - secondo le agenzie di rating - sono equivalenti a quelli dei corporate bond investment grade. Attenzione, però, perché in alcune sfortunate occasioni i “Cat” possono diventare a loro volta una catastrofe.

Come funzionano
I Cat bond sono obbligazioni emesse da compagnie di assicurazione e riassicurazione che trasferiscono al mercato dei capitali i loro “rischi di punta” dovuti alle super-catastrofi, quelle che hanno una bassa probabilità di verificarsi ma che potrebbero causare un danno enorme. Hanno una durata compresa tra 1 e 3 anni, spesso soli 12 mesi. Finché i disastri naturali coperti dall'emissione non si verificano, gli investitori ricevono gli interessi e a scadenza il rimborso del capitale. Se, invece, si verifica la super-catastrofe, gli investitori possono potenzialmente non vedersi rimborsare in tutto o in parte il capitale. Ma agli istituzionali dei fondi pensione (che naturalmente a questo tipo di obbligazioni destinano una minima parte del portafoglio) ciò che interessa è che le catastrofi dei “Cat” siano scollegate da quelle del mercato, nel nome della diversificazione. Sì, perché un crack di Lehman Brothers che si verifica nello stesso momento della distruzione di Pompei da parte del Vesuvio è un evento statisticamente improbabile.

Il rischio default
Quando si parla di super-catastrofe, si intende quella che avviene a occhio e croce ogni 50 anni. Perfino l'uragano Sandy, che ha nel 2012 ha causato 70 miliardi di dollari di danni alla East Coast americana, non ha sfiorato i possessori delle “obbligazioni catastrofe”. E dal 1990 a oggi, la quasi totalità dei “Cat” è arrivata a scadenza senza subire perdite. Però è bene non dimenticare mai che il rischio è di non rivedere il capitale, se arriva un Cigno Nero degno di questo nome. Come sanno bene gli sfortunati possessori delle poche “obbligazioni catastrofe” finite in default, sotto i colpi per esempio dell'uragano Katrina del 2005 o del terremoto giapponese del 2011 che portò al disastro di Fukushima. Perché Madre Natura va maneggiata con estrema cautela. Anche in Borsa.

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