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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 09 dicembre 2014 alle ore 06:59.

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TOKYO

La recessione giapponese è più profonda di quanto si pensasse, ma il premier Shinzo Abe, pur focalizzando la campagna elettorale sull’economia, resta lanciato verso una grande vittoria nelle votazioni di domenica prossima per il rinnovo anticipato della Camera Bassa.

Il paradosso si è fatto più acuto ieri, quando il Pil del terzo trimestre, contro tutte le attese, è stato rivisto al ribasso a -1,9% annualizzato dal -1,6% delle stime preliminari (-0,5% sul trimestre precedente contro -0,4%), per lo più in relazione a una lettura meno favorevole degli investimenti delle imprese e di quelli pubblici.

Accoppiato al -6,7% del periodo aprile-giugno, il dato sul Pil segnala sia la lentezza del recupero dell’economia dopo il rialzo dell’Iva dal 5 all’8% scattato in aprile sia l’opportunità della decisione di Abe di rinviare di 18 mesi l’ulteriore aumento al 10% dell’imposta sui consumi (pur costata il recente declassamento del Paese da parte di Moody’s al rating di A1, livello inferiore a quello di Cina e Corea del Sud). Ma indica anche la fragilità dell’Abenomics, la cui spinta continua solo in Borsa (grazie allo yen sempre più debole), mentre nell’economia reale pare essersi arenata soprattutto sulla perdita di potere d’acquisto dei consumatori, in quanto i salari non hanno tenuto il passo con il ritorno dell’inflazione e l’aumento della pressione fiscale indiretta.

Ieri l’indice Nikkei ha superato in mattinata quota 18mila per la prima volta da sette anni e mezzo, per poi assestarsi su un modesto rialzo dello 0,1% a quota 17.935, mentre lo yen è scivolato oltre quota 121 sul dollaro e oltre 149 sull’euro (anche se in serata ha leggermente recuperato sui mercati internazionali).

Nomura aveva previsto addirittura che il Pil sarebbe stato rivisto in crescita, per cui il Paese avrebbe evitato di essere considerato in recessione. È accaduto l’opposto, ma Abe sta comunque stravincendo nei sondaggi, con lo slogan «non c’è alternativa all’Abenomics», tanto che - se pure i mercati finanziari tifano sfacciatamente per lui - alcuni investitori cominciano a temere un suo trionfo.

«L’ideale sarebbe che la coalizione di governo non conquisti più di due terzi dei seggi – osserva Daiju Aoki, economista di Ubs – Altrimenti, Abe potrebbe essere tentato di non concentrarsi sull’economia e di perseguire invece i suoi obiettivi politici più ambiziosi e controversi, come il cambiamento della Costituzione». «Sembra un mistero e non lo è», afferma Michael Cucek, docente alla Temple University e curatore del blog politico Shisaku, riferendosi alla prospettiva elettorale favorevole di Abe a dispetto non solo di politiche impopolari (legge restrittiva sui segreti di Stato che entra in vigore domani, volontà di riattivare le centrali nucleari, difesa collettiva, e così via), ma anche delle difficoltà dell’economia reale: «L’opposizione resta debole, frammentata, poco attraente. Soprattutto, però, ci sarà un altissimo astensionismo, forse oltre il 50%. Così anche la revisione in negativo del Pil risulterà ininfluente: a pochi giorni dal voto, è tardi per convincere milioni di elettori ad andare a votare».

Vari partiti di opposizione stanno cambiando strategia elettorale: se criticare l’Abenomics non funziona in mancanza della percezione di alternative migliori, hanno cominciato ad avvertire che un trionfo di Abe sarebbe pericoloso in politica interna ed estera. Anche un critico feroce del premier come Takao Toshikawa, direttore di “Tokyo Insideline, riconosce che Abe – un tempo considerato un rampollo privilegiato di famiglia - è diventato un politico accorto e astutissimo: la trovata delle elezioni anticipate sembra destinata a consentirgli di interrompere una lenta erosione di consensi e peso specifico per rilanciare la sua leadership - anche con la conferma alla presidenza del partito Liberaldemocratico il prossimo settembre - fino al 2018.

A pag 25

La lezione giapponese alla Ue
di K. Rogoff

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