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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2014 alle ore 19:21.
L'ultima modifica è del 09 dicembre 2014 alle ore 22:08.

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Proteste dei tassisti madrileni, la scorsa estate, contro Uber (Afp)Proteste dei tassisti madrileni, la scorsa estate, contro Uber (Afp)

Uber fuorilegge in Spagna. Lo ha deciso a titolo cautelativo il tribunale di Madrid accogliendo la richiesta dell'Associazione madrilena dei taxi in vista del processo che si svolgerà su querela presentata nei confronti della multinazionale americana. Secondo i giudici spagnoli gli autisti ingaggiati da Uber non hanno le autorizzazioni amministrative necessarie a svolgere il servizio di trasporto pubblico e il fatto che l’attività proceda comunque finisce per tradursi in concorrenza sleale. L’inchiesta amministrativa era iniziata a metà ottobre.

A Madrid, seconda città spagnola dopo Barcellona a registrare lo sbarco dell'app made in Usa, il servizio ha cominciato a operare ad aprile. A ottobre Uber è arrivata anche a Valencia. Viste le proteste delle associazioni dei tassisti, il governo della Generalitat ha però annunciato, a partire dal 2015 in Catalogna, multe pesantissime, fino a 6mila euro, per gli autisti di Uber (oltre al sequestro delle auto).

Il colosso globale del noleggio taxi online ha, però, annunciato che l'applicazione internet e smartphone per connettere passeggeri e conducenti resterà operativa in Spagna nonostante il divieto, che, si legge in un comunicato, è «incompatibile con l'ampio riconoscimento politico, in Spagna come in tutta l'Unione Europea, dei vantaggi della condivisione delle risorse e dell'economia collaborativa, specialmente in questo momento di forte disoccupazione e di delicata ripresa economica». Uber comunica che sta «valutando un ricorso a questo improvviso ed insolito procedimento».

Spagna, Francia, Germania, Olanda e Belgio. Ma anche India (in questo caso la scintilla è scoccata da un caso di stupro), Thailandia e Singapore. E, proprio oggi, a Rio de Janeiro. Nella metropoli brasiliana che ospiterà le Olimpiadi nel 2016 il Dipartimento municipale dei trasporti ha dichiarato Uber «illegale» e minaccia il sequestro delle auto. Anche in questo caso il problema starebbe nella mancanza di una licenza per il servizio di trasporto pubblico.

La società ha dichiarato di non avere ricevuto alcun tipo di comunicazione dalle autorità carioca, con le quali sostiene di voler collaborare per trovare soluzioni orientate a una regolamentazione adeguata ai tempi. È una strategia difensiva rodata, quella di Uber, che in genere continua a operare nonostante il divieto. Accade anche a New Delhi, dove l’azienda californiana afferma di non aver ricevuto comunicazione ufficiale premettendo che, comunque, quando accadrà, presenterà appello.

Si moltiplicano così le messe al bando, totali o parziali di Uber, applicazione per dispositivi mobili (smartphone e tablet) che consente di trovare grazie a una non rivoluzionaria ma molto efficace tecnologia di geolocalizzazione auto che effettuano un servizio di trasporto privato. I clienti apprezzano, i tassisti no, anche perché per operare sono sottoposti a una regolamentazione molto più rigida e temono che le loro costose licenze perdano valore.

La lista degli incidenti e dei divieti cresce su scala planetaria anche se finora i guai legali non hanno fermato l’espansione globale della creatura di Travis Kalanick: a soli cinque anni dal lancio, Uber, che viene ancora definita startup, non senza un qualche vezzo visto che fattura centinaia di milioni di dollari, viene valutata a oltre 41 miliardi dopo l’ultimo round di finanziamenti, da cui ha ottenuto 1,2 miliardi. La società è presente in 200 città e 45 Paesi nel mondo e stenta a reperire autisti a sufficienza per soddisfare la domanda.

Comunque perfino nella madre patria, gli Stati Uniti, si sono verificati diversi casi di forte attrito con tassisti e autorità locali. In Oregon la società californiana è stata accusata di operare senza licenze, in Nevada un tribunale ha deciso di sospenderne le attività. L'immagine di Uber, poi, ha subito un duro colpo dopo le recenti polemiche sui propositi di dossieraggio contro i giornalisti ritenuti ostili ventilati dal vicepresidente in un’occasione informale, dichiarazioni da cui però successivamente Kalanick ha preso le distanze.

Clamoroso il recente caso in India per cui si è perfino mobilitato il governo, dopo un caso di presunto stupro ai danni di una passeggera di una auto a nolo reperita tramite la app. Una circolare del ministro degli interni Rajnath Singh ha decretato la sospensione di tutti i tipi di applicativi simili. Tentativi di blocco giudiziario ci sono stati anche a Londra, dove però Uber ha poi goduto di semaforo verde. (Al.An.)

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