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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2014 alle ore 06:40.

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LA TURCHIA E LA ue

In contrapposizione

a Francia e Germania, Roma può giocare un ruolo a favore

dell’integrazione europea

Ai turchi del partito islamico Akp oggi al potere, che intendono presentarsi come eredi dell’Impero Ottomano, non piace essere sottovalutati: sono caratterizzati da un’orgogliosa determinazione, da uno spiccato opportunismo politico e hanno ambiziosi obiettivi di leadership regionale. Il nostro presidente del Cosiglio ha già avuto modo di testare il loro attaccamento al protocollo. Senza picchetti d’onore e fanfare - viene evitata anche l’ineludibile sosta al Mausoleo Ataturk - la missione domani ad Ankara del presidente del Consiglio Matteo Renzi appare più un viaggio di lavoro che una cadenzata visita di stato come esigeva la diplomazia turca.

Certamente ci sarà l’incontro con il premier Ahmet Davutoglu (che parteciperà anche al business Forum di Istanbul con il ministro dello Sviluppo Calenda e lo stesso Renzi) e poi un veloce pranzo serale con Tayyep Erdogan, nel nuovo faraonico palazzo presidenziale, ma questo viaggio nei suoi aspetti formali non appare così solenne come ci si poteva aspettare dal Paese che ha la presidenza di turno dell’Unione.

Eppure la Turchia è un partner di primo piano - 20 miliardi di dollari di interscambio l’anno, sei di surplus a nostro favore e 1.200 imprese italiane operanti nel Paese - ed è anche un attore di primo piano della geopolitica sull'asse Est-Ovest, come dimostrano le recenti visite del Papa e di Putin.

Forse la ragione di questo profilo contenuto è che i turchi si attendono da questa visita di Renzi un concreto rilancio delle relazioni tra Ankara e Roma, dove hanno inviato uno dei loro diplomatici più esperti, Aydin Sezgin, già ambasciatore a Mosca, ex capo del direttorato dell’intelligence del ministero degli Esteri, uno degli uomini chiave durante la lacerante crisi innescata nel '98 dal caso Ocalan, il leader curdo del Pkk attualmente in carcere, che allora trovò temporaneo rifugio a Roma.

In realtà, nonostante gli intensi rapporti economici, sono due anni che viene rinviato il Terzo Vertice Intergovernativo mentre si devono ancora definire le date sia per il Forum di Dialogo tra ministri degli Esteri che per la prima riunione del Jetco, il Turkish-Italian Joint Economic and Trade Commission. L’ultimo forum economico bilaterale risale a gennaio con la visita a Roma dell’ex presidente Abdullah Gul.

Erdogan è sensibile ai rapporti personali, gli piace mostrare confidenza con i leader mondiali con cui si trova in sintonia. Ha avuto un filo diretto con Berlusconi (ultimo premier italiano a visitare la Turchia nel 2009), continua a mantenere una relazione speciale con Vladimir Putin e nonostante le profonde divergenze tra Mosca e Ankara sul futuro di Assad in Siria - che la Turchia vorrebbe annientato - i due si trovano benissimo quando parlano d’affari. La Turchia, che non applica sanzioni né all’Iran né alla Russia, ha ottenuto da Putin uno sconto sulle forniture di gas prospettando di portare l’interscambio dagli attuali 33 miliardi di dollari a 100. Il presidente russo ha pure annunciato che intende sostituire il South Stream con una pipeline che convoglierà il suo gas in Europa attraverso la Turchia.

Erdogan è abbastanza opportunista per non sacrificare sull’altare della politica estera le chance della Turchia di diventare un hub dell’energia tra Europa e Asia, oltre a volere confermare i tassi di crescita che gli garantiscono il consenso in attesa delle politiche del giugno 2015: il suo obiettivo è trasformare lo stato turco in repubblica presidenziale, accentuando la retorica islamista che lo ha portato a preoccupanti dichiarazioni (per esempio sulla non eguaglianza tra uomo e donna) e con provvedimenti marcatamente religiosi anche nel campo dell’istruzione.

Renzi ha qualche buona carta da giocare con Erdogan. Una sua telefonata al presidente ha sbloccato la partecipazione della Turchia all’Expo di Milano era stata annullata. Ma soprattutto c’è il ruolo, in contrapposizione a Germania e Francia, che l’Italia può rivestire a favore della Turchia in campo europeo, come ha dimostrato in queste ore anche la visita ad Ankara di Lady Pesc, Federica Mogherini.

La Turchia è interessata, oltre all’impervio percorso di adesione, ai rapporti commerciali, dall’Unione doganale al temuto negoziato Transatlantico Usa-Ue che per ora esclude Ankara. Erdogan fa ciò che vuole dentro e fuori il Paese ma non sempre ottiene quello che desidera da americani ed europei: per questo l’Italia qui conta ancora qualcosa.

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