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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 11 dicembre 2014 alle ore 06:40.

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LE ALTRE MISURE

Maggiore concorrenza

nel trasporto passeggeri extraurbano su gomma

e nelle professioni regolamentate (notai)

Parigi

La Francia prova a cambiare. A realizzare alcune delle riforme strutturali di cui il Paese ha urgente bisogno e che Bruxelles sollecita. È questo il senso del progetto di legge «per la crescita e l’attività» messo a punto dal ministro dell’Economia Emmanuel Macron e varato ieri dal Governo. L’obiettivo di una lunga serie di misure è in sostanza quello di contribuire a liberalizzare l’economia francese. E forse anche la società, tra le più conservatrici e corporative.

Tre sono i provvedimenti più rilevanti ed emblematici del progetto di legge, che andrà in aula a fine gennaio.

Il primo, certo il più discusso, è quello relativo all’ampliamento dell’apertura domenicale e serale dei negozi. Oggi rimane un’eccezione, anche se coinvolge – abitualmente o occasionalmente – il 30% dei lavoratori francesi. Le deroghe alla regola del riposo domenicale sono due: la possibilità per i sindaci di autorizzare al massimo cinque domeniche di apertura all’anno; l’eccezione prevista per le cosiddette zone turistiche (640) nei periodi di maggiore attività e per le zone a «consumo particolare», sostanzialmente i grandi centri commerciali periurbani (31 in tutto il Paese). A Parigi, tanto per fare un esempio, ci sono sette zone turistiche dov’è possibile aprire la domenica. Nella lista non c’è però l’area commerciale dei grandi Boulevard (dove si trovano Galeries Lafayette e Printemps). Con il risultato che ormai da tempo le agenzie turistiche propongono pacchetti settimanali che prevedono il trasferimento domenicale a Londra per lo shopping. I sindacati hanno peraltro avviato un’offensiva contro il lavoro serale, che ha costretto alcuni negozi sugli Champs Elysées a chiudere alle 21.

Il progetto di legge prevede di portare a 12 il numero di permessi domenicali di cui dispongono i sindaci (cinque dei quali «obbligatori») e la creazione di «zone turistiche internazionali» (soprattutto alcune aree della capitale e alcune grandi stazioni ferroviarie) dove sarà possibile aprire la domenica e la sera.

La seconda misura di particolare importanza è quella relativa al trasporto passeggeri extraurbano su gomma, cioè i pullman. Oggi questo settore è in mano agli enti locali e le limitazioni previste per i privati sono tali – e talmente bizantine - da renderlo ininteressante. Il provvedimento prevede l’apertura pressoché totale del settore ed è l’unico caso in cui il progetto di legge quantifica le possibili ricadute: un risparmio pari a 800 milioni all’anno per gli utenti e la creazione di 10mila posti di lavoro.

C’è, infine, il pacchetto relativo alle professioni regolamentate «del diritto», con un’attenzione tutta particolare ai notai. Oltre alla revisione delle tariffe, verranno eliminate le barriere all’ingresso della professione, con la possibilità per i giovani di aprire un loro studio senza essere obbligati (per legge o di fatto) a rilevare un (costosissimo) studio esistente o a entrare come dipendenti in uno studio con la speranza di diventare prima o poi associati. Ed è prevista la possibilità di associazione in uno stesso studio di due professionisti diversi (per esempio un avvocato e un notaio).

Nonostante le polemiche e le manifestazioni di piazza, il Governo sembra deciso ad andare fino in fondo (come dimostra una presentazione in pompa magna all’Eliseo, con il premier Manuel Valls e otto ministri), annunciando l’arrivo nei primi quattro mesi del 2015 dei decreti attuativi. Ma la strada sarà piena di ostacoli, soprattutto all’interno della maggioranza di Governo. Molti parlamentari socialisti hanno già annunciato che voteranno contro e hanno trovato in Martine Aubry (l’ex ministro delle 35 ore, oggi sindaco di Lille con evidenti mire presidenziali, che ha annunciato battaglia sul lavoro domenicale) la loro portavoce.

Valls e Macron dovranno quindi andare a cercarsi una maggioranza parlamentare, magari in cambio di qualche concessione. Ma certo non possono fare marcia indietro. Il segnale politico affidato a questa legge – anche in vista del giudizio di marzo della Commissione europea sul budget e sulle riforme francesi – è vitale.

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