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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2014 alle ore 08:21.
L'ultima modifica è del 11 dicembre 2014 alle ore 13:01.

In Italia è in atto una crisi che segna un grave decadimento della politica, contribuendo ad allontanare i giovani: è la denuncia di Giorgio Napolitano, che invita a colpire con fermezza le infiltrazioni criminali. Occore altresì reagire all'antipolitica («una grave patologia eversiva), continua Napolitano, che stigmatizza «i metodi sistematici di intimidazione fisica» che impediscono l'attività legislativa delle Camere.
Un attacco durissimo alla «degenerazione» della politica e un attacco altrettanto forte alla «patologia eversiva dell'antipolitica». Giorgio Napolitano è intervenuto ieri all'Accademia dei Lincei e ha tenuto insieme i due ragionamenti chiedendo un'opera di profondo risanamento ai partiti e alle istituzioni per combattere le scorciatoie della demagogia e del populismo. È andato avanti per più di mezz'ora il capo dello Stato seguendo le oltre venti cartelle di discorso, solo alla fine una commozione che per un po' gli ha impedito di chiudere con i ringraziamenti e salutare.
Il suo affondo parte da Roma, dalle ultime inchieste da quella che è stata chiamata mafia capitale, ma l'attacco ai partiti non porta all'antipolitica, al contrario. «La critica della politica e dei partiti preziosa e feconda nel suo rigore, purché non priva di obiettività, è degenerata – ha detto – in antipolitica, cioè, lo ripeto, in patologia eversiva. È urgente reagirvi, denunciandone le faziosità, le distorsioni, impegnandoci in pari tempo su scala ben più ampia non solo nelle riforme istituzionali e politiche necessarie, ma anche in un'azione volta a riavvicinare i giovani alla politica». Il capo dello Stato quasi si appella alle nuove leve chiedendo a loro lo sforzo di risanare un sistema ma non con «la tendenza alla negazione del valore della politica» e del ruolo «insostituibile dei partiti, che richiede l'apporto finora largamente mancato della cultura, dell'informazione, della scuola».
Alle nuove generazioni di parlamentari chiede lo sforzo di un lavoro nuovo che superi le contrapposizioni paralizzanti del sistema politico. «I giovani parlamentari devono impegnarsi a servizio del Parlamento e del Paese, impedendo l'avvitarsi di cieche spirali di contrapposizione faziosa e talora persino violenta. Devono essere loro ad alimentare ragionevoli speranze per il futuro dell'Italia». A loro Napolitano consegna la “missione” di estirpare l'antipolitica che ha contagiato non solo la rete e le piazze ma che è entrata nel sistema istituzionale con una forza che, appunto, assomiglia all'eversione. «Mai era accaduto, come nel biennio scorso – ha attaccato Napolitano – vedere in Parlamento metodi e atti concreti di intimidazione fisica, di minaccia, di rifiuto di ogni regola e autorità, di tentativi sistematici e continui di stravolgimento e impedimento dell'attività delle Camere».
Vengono in mente i casi recenti di approvazione dei provvedimenti ma anche l'impasse per tante settimane dell'elezione dei giudici costituzionali su cui pure Napolitano aveva fatto ripetuti appelli senza essere ascoltato. E allora è lì che punta i riflettori. «Da troppo tempo si colpisce impunemente il funzionamento degli istituti principali della democrazia rappresentativa, non solo si stracciano in un solo impeto una pluralità di valori tradizionali o comunque vitali, ma si configura la più grave delle patologie: quella che penso possiamo chiamare la patologia dell'anti-politica».
Tutto parte dal malaffare, dalla corruzione della politica e qui Napolitano non chiede sconti. «Non deve mai apparire dubbia la volontà di prevenire e colpire infiltrazioni criminali e pratiche corruttive nella vita politica e amministrativa che si riproducono attraverso i più diversi canali come in questo momento è emerso dai clamorosi accertamenti della magistratura nella stessa capitale». Ma la risposta non può essere solo giudiziaria. La via d'uscita, suggerisce, è politica perché la vita democratica nasce da partiti risanati e da un sistema istituzionale ugualmente riformato. Un'opera che deve guarire «il grave decadimento della politica che ha contribuito in modo decisivo a un più generale degrado dei comportamenti sociali, a una più diffusa perdita dei valori che nell'Italia repubblicana erano stati condivisi».
In questo discorso entra anche l'allarme per il «rischio di focolai di violenza destabilizzante, eversiva che non possiamo sottovalutare, fuori da ogni etichettatura di destra o sinistra. Virus di questo genere circolano ancora in certi spezzoni di sinistra estremista o pseudo rivoluzionaria ma va evitato l'errore di assimilare a quel rischio tutte le pulsioni di malessere sociale».
A essere contagiata dal populismo dilagante è anche l'Europa, asse portante dei suoi mandati presidenziali. «Vediamo svalutazioni sommarie e posizioni liquidatorie sull'Unione: gli ingredienti dell'anti-politica si sono confusi con gli ingredienti dell'anti-europeismo» ma ci sono anche le «miopie» di Bruxelles. Temi che riprenderà nella sua visita di oggi a Torino.
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