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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2014 alle ore 07:40.

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PIÙ INVESTIMENTI

Oggi a Istanbul si apre

il business forum

tra le imprese dei due Paesi

per fare il punto sui progetti

di collaborazione economica

È una partnership “globale” quella che Matteo Renzi e Recep Tayyip Erdogan disegnano fin nei minimi dettagli nel faccia a faccia di ieri sera dentro lo studio ovale del nuovo “Palazzo Bianco” del presidente turco. C’è la cooperazione economica con la richiesta di Renzi al Governo turco di favorire maggiori investimenti nel nostro Paese (oggi presenti per 450 milioni di dollari, pari agli investimenti italiani in Turchia). Ma c’è anche l’alleanza per la lotta al fondamentalismo islamico dell’Isis e per la stabilizzazione dei Balcani e del Mediterraneo, a cominciare dalla Libia.

Una partnership che potrebbe venire coronata entro il 2015 con un passo decisivo per l’adesione della Turchia all’Unione europea. La tappa di Ankara e l’incontro con il primo ministro, Ahmet Davutoglu e con il presidente Erdogan consentono a Renzi di consolidare quel clima di amicizia e cooperazione che, se si esclude la vecchia crisi per l’asilo al curdo Ocalan ha visto sempre negli ultimi anni un costante rafforzamento delle relazioni tra Roma e Ankara.

Questa mattina a Istanbul Renzi, con il viceministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, aprirà il business Forum tra aziende italiane e turche. Numerosi i progetti in fase avanzata di elaborazione anche se l’obiettivo del premier è attirare nuovi investimenti in Italia. «Vogliamo dare un segnale di forte stimolo agli investitori - ha spiegato Renzi - vogliamo creare posti di lavoro, far sì che il Jobs Act non sia solo un insieme di regole ma faccia sì che l’Italia torni ad avere il segno più davanti».

Oggi sono 1.200 le aziende italiane in Turchia e il volume degli scambi ha sfiorato i 20 miliardi di dollari ma, secondo Renzi, «bisogna aumentare il livello degli investimenti». Italia e Turchia sono impegnate fianco a fianco anche negli sforzi per la crescita economica. Il premier italiano ha apprezzato il fatto che la Turchia, nuovo presidente del G-20, abbia messo l’enfasi necessaria sul capitolo della crescita e degli investimenti.

Secondo il premier turco Davutoglu, durante la crisi dell’Eurozona nei paesi dell’Unione Europea sono andati persi molti posti di lavoro mentre in Turchia sono aumentati. Quindi «se a suo tempo la Turchia fosse entrata nell’Ue avrebbe compensato in qualche modo la crisi». Secondo Davutoglu «l’adesione della Turchia all’Ue rappresenta un obiettivo strategico che perseguiremo fino in fondo» perché la Turchia «fa parte dell’Europa dal punto di vista geografico, politico ed economico». Un invito accolto con favore da Renzi secondo il quale il 2015 potrebbe essere l’anno decisivo per l’adesione della Turchia. «A nostro giudizio - ha detto Renzi - è fondamentale che il percorso dell’adesione della Turchia all’Ue, come detto da tutti i miei predecessori, prosegua e ci sentiamo impegnati perché il percorso vada avanti».

Renzi ha indicato i primi mesi del prossimo anno come decisivi per aprire i nuovi capitoli dell’adesione e nel documento finale del Vertice Ue della settimana prossima «dovremmo avere un passaggio di ulteriore stimolo». Il 13 gennaio nel discorso conclusivo del semestre europeo Renzi ha annunciato che sottolineerà «l’importanza dell’allargamento in particolare alla Turchia e ad alcuni Paesi dei Balcani».

Italia e Turchia restano sempre forti alleati nella lotta al fondamentalismo islamico dell’Isis e per la stabilizzazione dei Balcani e del Mediterraneo soprattutto in Libia dove «bisogna fare ogni sforzo affinchè si sconfigga il terrorismo e le varie realtà in campo si aprano a un dialogo costruttivo». Renzi ha discusso con Davutoglu e Erdogan anche gli effetti in termini di flussi migratori dell’offensiva Isis in Siria e Iraq e ha ringraziato il primo ministro turco per il lavoro di accoglienza della Turchia ai profughi di quei Paesi. «Da noi - ha precisato Renzi - c’è un dibattito per il numero molto alto di rifugiati provenienti dal Nord Africa, e soprattutto dalla Libia, che sono stati, nell’anno di massimo impegno, 150mila ma la Turchia ha a che fare con circa 1 milione e mezzo o 2 milioni di profughi».

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