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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2014 alle ore 15:02.
L'ultima modifica è del 15 dicembre 2014 alle ore 16:01.

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Dopo settimane di serrate trattative con il comando statunitense dell'operazione “Inherent Resolve” e gli alleati europei, alla fine l'Italia l'ha spuntata: i militari del contingente terrestre che dovrà appoggiare gli iracheni nella lotta contro lo Stato Islamico verranno schierati in Kurdistan. Per la precisione in una base situata all'aeroporto di Erbil dove sono già presenti consiglieri militari e forze speciali statunitensi, britannici, francesi e tedeschi e dove l'Italia schiera alcuni ufficiali di collegamento assegnati al comando multinazionale alleato.

Fonti vicine agli ambienti militari tedeschi ammettono che Roma è riuscita a convincere gli statunitensi a posizionare la missione di consulenza e addestramento in Kurdistan invece che in altre aree dell'Iraq comprese tra Baghdad e Nassiryah.

Da quanto appreso da fonti che hanno chiesto l'anonimato le truppe italiane verranno inquadrate in un reparto multinazionale che vedrà alternarsi ogni sei mesi un comandante tedesco e uno italiano. Ai tedeschi, che hanno già installato a Erbil una loro base che gestisce l'afflusso e la distribuzione degli ingenti aiuti militari forniti da Berlino ai curdi (per un valore di 80 milioni di euro) si uniranno anche contingenti minori forniti a quanto sembra da Olanda, Belgio e Danimarca mentre agli italiani potrebbero aggregarsi nuclei di consiglieri militari da Grecia e Serbia.

Il governo aveva reso noto che i militari italiani assegnati alle operazioni contro lo Stato Islamico sono 525. Di questi 220 appartengono all'Aeronautica e sono già operativi in tre diverse basi aeree del Kuwait con un aereo da rifornimento Boeing KC 767A, 2 droni Predator e 4 bombardieri Tornado impiegati per ora solo con compiti di ricognizione intelligence.

L'Esercito schiererà quindi a Erbil circa 250 militari tra consiglieri militari incaricati di assistere e addestrare le forze curde e irachene, reparti logistici, unità per la sicurezza della base e, a quanto sembra, anche alcuni elicotteri del tipo NH-90 per compiti di trasporto ed evacuazione di feriti.

Si tratta di velivoli dello stesso di tipo di quelli in dotazione all'esercito tedesco che l'Italia impiega da tempo in Afghanistan da dove è in atto un ritiro che coinvolge anche i reparti elicotteristici.

A Herat resteranno fino ad agosto 2015 circa 800 militari con 6/8 elicotteri tra Mangusta da attacco e NH-90 da trasporto, mentre in Kurdistan non sembra previsto l'impiego di elicotteri da attacco poiché la missione italiana esclude per ora il combattimento.
Ciò nonostante proseguono le forniture di armi e munizioni ai peshmerga curdi che dall'Italia stanno ricevendo proiettili da mitragliatrice pesante calibro 14,5 millimetri (che l'Italia sequestrò negli anni '90 su un cargo diretto in ex Jugoslavia) e le tanto richieste armi anticarro: lanciarazzi Folgore radiati anni or sono dall'esercito italiano.

Inoltre una cinquantina di militari italiani saranno assegnati con compiti di consulenza presso i comandi iracheni a Baghdad e presso il quartier generale dell'operazione “Inherent Resolve” guidata dal generale statunitense James Terry, che ha recentemente riferito di una forza di consiglieri militari composta da 3.100 statunitensi e 1.500 alleati che avranno il compito di addestrare almeno 20 mila reclute irachene in vista della controffensiva per liberare i territori settentrionali e occidentali occupato l'estate scorsa dagli uomini del Califfato.

I compiti addestrativi potrebbero venire assegnati presto a una missione della Nato caldeggiata nei giorni scorsi da Qatar e chiesta ufficialmente da Baghdad che ha già potuto contare su una Nato Training Mission per la formazione del suo personale militare, missione che venne ritirata dal Paese alla fine del 2011 insieme alle ultime forze statunitensi.

Fonti vicine alla Nato evidenziano inoltre la richiesta statunitense agli alleati di mettere a disposizione anche unità di forze speciali da impiegare come team aggregati ai reparti curdi e iracheni in prima linea. Team di questo tipo sono già stati messi in campo nei settori di Mosul, Baji e Ramadi da statunitensi, britannici e australiani.

Da quanto si apprende alcuni Paesi Nato, come la Spagna, avrebbero già dato il via libera all'invio di unità di forze speciali pur con alcuni limiti specifici d'impiego rispetto ai reparti anglo-sassoni che secondo alcune voci sarebbero già stati coinvolti nei combattimenti.

Non è chiaro se l'Italia aderirà alla richiesta statunitense anche se il ritiro di gran parte degli uomini della Task Force 45 dall'Afghanistan Occidentale rende disponibili per nuovi impieghi i reparti di incursori e di forze per operazioni speciali. Un loro impiego sul terreno dovrebbe però coincidere con un ampliamento della missione anche in termini di mezzi inclusi veicoli terrestri Lince ed elicotteri da trasporto CH-47 nella versione ad hoc per le forze speciali.

Per quanto concerne l'impegno finanziario non sono ancora noti i costi della missione italiana in Iraq e Kuwait ma tenuto conto dei mezzi aerei schierati, delle forze messe in campo e dello sforzo logistico una stima ragionevole potrebbe essere dell'ordine dei 150 milioni di euro annui.

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