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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2014 alle ore 13:23.
L'ultima modifica è del 16 dicembre 2014 alle ore 20:51.
L'India nega le richieste natalizie dei nostri due marò e Giorgia Meloni, insieme ai Fratelli d'Italia tutti, sbraita contro il governo Renzi, accusandolo di lesa maestà nazionale. Volutamente Meloni dimentica di essere stata ministro del governo che in questa vicenda drammatica per i nostri due soldati e umiliante per il Paese, commise il primo madornale errore.
L'attuale esecutivo è colpevole di leggerezza: aveva confidato troppo sull'arbitrato internazionale e nelle sue dichiarazioni il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni aveva mostrato un eccessivo ottimismo. Ma è solo l'ultimo di una catena di abbagli commessi da tutti i quattro governi che si sono succeduti da quando Salvatore Girone e Massimiliano Latorre sono finiti nelle mani della polizia indiana, il 19 febbraio 2012.
Il primo errore fu commesso anche prima, dal IV governo Berlusconi: ministro della Difesa Ignazio La Russa con Giorgia Meloni al dicastero della Gioventù, sia pure senza portafoglio. Mal consigliato dai vertici militari, fu La Russa che, decidendo l'utilizzo dei marò a protezione delle navi civili italiane minacciate dalla pirateria, non diede alla missione una protezione giuridica internazionale, in caso di incidente.
L'incidente accadde - due pescatori indiani uccisi - e il comandante della nave Enrica Lexie sostenuto dal suo armatore, commisero l'errore di attraccare in un porto indiano. Ignorando l'obbligo di chiedere il parere delle autorità militari o del governo italiano.
Quindi toccò al ministro degli Esteri del governo Monti, Giulio Terzi. Ottenuto un permesso straordinario perché i nostri due marò tornassero in Italia a votare, decise di non rimandarli in India: dopo l'umiliazione dell'arresto di due soldati italiani anche quella di essere un Paese che non rispetta la parola data. E Terzi, ora con ambizioni politiche, gravita nell'area di Meloni.
Infine, non si può non considerare un errore la grossolana ignoranza della classe politica e di alcuni commentatori riguardo all'India, scambiata, per dirla con Winston Churchill, come “una terra di fachiri seminudi”. Con oltre 1,1 miliardi di abitanti, l'India è un Paese orgoglioso e in grande crescita economica con la quale l'Italia ha un interscambio commerciale pari a quello che abbiamo con la Polonia (40 milioni di abitanti).
Nessun Paese che abbia maturato un'idea chiara di interesse nazionale permette che due suoi militari in missione all'estero vengano giudicati da un altro Paese: innocenti o colpevoli che siano. Ma se governi diversi hanno compiuto così tanti errori, è perché questo Paese - nella sua interezza, non solo la sua classe politica – non sa definire un concetto coerente e inclusivo di interesse nazionale.
Lo possiamo constatare guardando le facciate delle amministrazioni locali nelle nostre città: se la giunta è di centro-destra, appare il manifesto che chiede la liberazione dei due marò; se è di centro-sinistra ci sono le foto dei sequestrati dell'Isis, delle ragazze nigeriane rapite o di chiunque altro tranne che di Girone e Latorre. Per questo Paese di contrade, di guelfi e ghibellini permanenti, i militari non sono soldati italiani detenuti all'estero: sono due patrioti o due fascisti.
È per questo che il loro destino ormai è solo nelle mani del governo indiano: nella speranza che in Narendra Modi, il nuovo premier, l'animo pragmatico del promotore della crescita economica indiana prevalga su quello sciovinista del nazionalista hindu.
Non c'è più nulla che possa fare l'Italia, a favore della quale non hanno mosso un dito l'Onu né la Ue. A meno che non si metta in pratica l'idea infantile di Ignazio La Russa: mandare i nostri reparti speciali a liberare Latorre e Girone. Una missione che non verrebbe in mente nemmeno ai supereroi della Marvel. Se siamo arrivati a questo punto la colpa è di tutti: di Renzi, della Meloni, della destra, della sinistra, dei comandi militari, dei sindaci, nostra, vostra…
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