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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2014 alle ore 19:20.
L'ultima modifica è del 16 dicembre 2014 alle ore 19:48.

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(Ap/LaPresse)(Ap/LaPresse)

La situazione «critica» che il rublo sta vivendo sui mercati valutari «non sarebbe stata immaginabile un anno fa neppure nel peggiore degli incubi», dice Serghej Shvezov, vicepresidente della Banca centrale russa. La moneta russa per parte della giornata è stata oltre quota 100 per un euro: sono bastati pochi minuti, martedì mattina, per capire che la mossa spettacolare di Bank Rossii, che la notte precedente aveva portato i tassi di interesse dal 10,5 al 17% nel tentativo disperato di interrompere il crollo del rublo, non sarebbe bastata, l’effetto esaurito in poco tempo.

Dopo aver ripreso fiato all’apertura dei mercati, il rublo era tornato a precipitare verso nuovi minimi assoluti: 80 rubli per un dollaro, addirittura 100 sull’euro, prima di risalire intorno a quota 90. Nel proseguo di martedì, il rublo ha provato a recuperare. Il rapporto di parità rispetto all'euro è fissato ora a 84,55 rubli per un euro, ancora in crescita rispetto ai 78 della chiusura di ieri, ma in netto miglioramento rispetto ai 100 toccati in mattinata. Migliora anche il rapporto di parità con il dollaro, ora fissato a 68,58 contro gli 80 dei massimi intraday e i 60 della chiusura di ieri.

Per dare un’idea della tempesta che si è abbattuta sulla moneta russa, basti pensare che tre mesi fa servivano 50 rubli per comprare un euro. In quello che gli analisti hanno battezzato “il giorno del giudizio” per il rublo, il petrolio è sceso per la prima volta dal luglio 2009 sotto la soglia dei 60 dollari al barile. Travolta anche la Borsa di Mosca, che perde il 19%, il crollo peggiore dal 1995.

Le banche russe impegnate sui mercati del cambio, scriveva questa mattina il quotidiano Izvestija, stanno iniziando a comprare tabelloni a cinque, non più quattro caselle: ma probabilmente non immaginavano di averne bisogno così presto. Come ha detto Shvezov, la barriera di un cambio oltre i 100 rubli sembrava invalicabile. Così, quella della Banca centrale russa chiamata al soccorso sembra ormai una battaglia contro una forza incontrollabile: se i ripetuti rialzi applicati fin qui (sei da marzo) non sono serviti, nel cuore della notte russa di lunedì, al termine di una riunione convocata in emergenza, Bank Rossii ha osato – anche qui – oltrepassare una soglia incredibile.

Come una mossa disperata, o per dimostrare di essere pronti a tutto: la decisione, spiega l’istituto guidato da Elvira Nabiullina in una nota indicata come «importante», mira a «contenere i rischi di deprezzamento del rublo, aumentati considerevolmente, e i rischi di aumento dell'inflazione». Che si sta avviando verso la doppia cifra. Basterà tutto questo a ricostruire un po’ di fiducia nell’economia russa? E a far trovare al rublo un punto di appoggio? Le turbolenze sui mercati, ha commentato martedì pomeriggio il portavoce di Vladimir Putin, Dmitrij Peskov, «sono trainate da emozioni e umori speculativi». (segui il cambio euro-rublo in tempo reale).

Gli economisti ripetono che, date le migliori condizioni delle riserve russe accumulate in questi anni, non è il caso di fare paragoni con la crisi del 1998, quel terribile agosto che portò alla svalutazione del rublo e al default del Cremlino sul proprio debito. Ma quell’anno resta come un punto di riferimento per dare l’idea del ritmo della caduta, e della gravità della situazione: lunedì, prima dell’annuncio della Banca centrale, la moneta russa era precipitata più del 10% sul dollaro, trascinata nell’abisso dall’aspettativa di nuovi cali del petrolio. Che implicano conseguenze sempre più preoccupanti per un’economia che basa un quarto del Pil sull’energia, e i propri conti su un prezzo che il greggio ha ormai abbandonato da tempo. Se resteremo sui livelli attuali, intorno ai 60 dollari il barile, la contrazione per il Pil russo nel 2015 potrebbe passare dall’attuale “zero virgola” al 4,5-4,7%, ha avvertito la Banca centrale. Contribuendo ad affondare ancora di più il rublo, che ormai in questo anno terribile ha dimezzato il proprio valore.

Prima di annunciare la propria decisione sui tassi, Bank Rossii sarebbe intervenuta più volte, lunedì, per cercare di salvare il rublo. Ma gli 80 miliardi di riserve spesi finora non sono bastati. Ed è proprio questo prosciugare le proprie risorse che alimenta il panico, perché le basi su cui può contare la Russia non dureranno all’infinito. Saranno messe alla prova, oltre che dal calo del petrolio, dalle scadenze sui debiti di banche e imprese che non possono più contare sui finanziamenti internazionali, a causa delle sanzioni. E su queste è intervenuto ieri il ministro degli Esteri russo, Serghej Lavrov: ho serie ragioni per supporre, ha ripetuto, che dietro le sanzioni ci sia la volontà degli Stati Uniti di destabilizzare la situazione e forzare un cambio di regime a Mosca. Che, secondo Lavrov, «ha sopravvalutato l’indipendenza della Ue e di alcuni grandi Paesi europei dagli Usa».

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