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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 16 dicembre 2014 alle ore 06:52.

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A settembre il governo aveva alzato il livello di allerta per minaccia terroristica e le forze dell’ordine hanno fatto numerosi raid in tutto il Paese

La polizia australiana ha compiuto un blitz ieri nel caffè Lindt Chocolat Café di Martin Place, nel centro finanziario di Sydney dove un uomo di origine iraniana che aveva chiesto di esporre una bandiera dell’Isis fuori dal locale, teneva in ostaggio una ventina di persone da più di 16 ore.

Il sospetto era che si trattasse di un l”upo solitario” collegato al terrorismo islamista. Al momento dell’irruzione della polizia australiana si sono uditi numerosi colpi d'arma da fuoco. Tre persone sono state uccise, e tra questi il sequestratore mentre i feriti sono risultati quattro.

Nessun cittadino italiano è fra gli ostaggi, ha detto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.

Una serie di potenti esplosioni sono state avvertite quando i reparti speciali della polizia hanno fatto irruzione da una porta laterale; gli ostaggi sono usciti correndo dal locale, altri sono stati caricati sulle barelle.

La polizia australiana ha poi messo in funzione un robot antibomba manovrato dagli artificieri in azione nel caffè di Sydney a caccia di possibili ordigni. Secondo quanto avevano riferito alcuni ostaggi a Channel 10, il sequestratore aveva piazzato due bombe nel locale e altre due all'esterno.

A settembre il governo australiano aveva innalzato il livello di allerta per minacce terroristiche e la polizia ha condotto raid in tutto il Paese: si ritiene infatti che una settantina di australiani si siano recati in Iraq e in Siria a combattere e almeno una ventina siano rimasti uccisi in battaglia.

Successivamente al raid la polizia ha reso reso noto l'identikit dell'uomo che ha tenuto in ostaggio per ore decine di ostaggi. Si tratta di un 50enne di origini iraniane, Man Maron Monis, un predicatore iraniano che ha ottenuto asilo in Australia. Conosciuto anche con il nome di Sheikh Haron e Mohammad Hassan Manteghi, l'uomo è arrivato nel 1996 in Australia.

Divenuto noto per le lettere offensive alle famiglie dei soldati australiani, è stato accusato lo scorso anno di aver assistito al brutale omicidio della ex moglie. Sul suo capo pendevano inoltre 50 denunce per molestie sessuali mentre si proponeva, 10 anni fa, come “curatore spirituale”.

La vicenda ha scatenato l’allarme in tutto il mondo verso possibili attentati dell’Isis.

Massima allerta anche negli Stati Uniti in seguito alla vicenda degli ostaggi a Sidney. Il presidente americano Barack Obama è stato aggiornato dai suoi consiglieri per la sicurezza su ciò che sta accadendo nella capitale australiana. Mentre il pericolo di “lupi solitari”difficili da individuare e che entrino improvvisamente in azione resta in cima alle preoccupazioni dell'Fbi e dell'antiterrorismo Usa.

«I fatti di Sidney confermano la globalizzazione di questo tipo di sfida, si è sequestrato o si cerca di sequestrare l'Islam e usarlo a fini terroristici, contro la stragrande maggioranza dei credenti islamici». Lo ha detto il nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, parlando con la stampa a margine del Consiglio Affari esteri dell'Ue a Bruxelles.

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