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Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2014 alle ore 20:07.
L'ultima modifica è del 17 dicembre 2014 alle ore 21:43.

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NEW YORK - Scattano le reazioni di incoraggiamento da parte della comunità internazionale alla svolta annunciata da Barack Obama su Cuba. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, dal Palazzo di Vetro, ha definito «molto positiva la notizia». È ora, ha continuato, «che gli Stati Uniti e Cuba normalizzino le loro relazioni bilaterali e dò il mio più sincero benvenuto agli sviluppi odierni». Il disgelo «riavvicinerà due popoli che sono stati separati a lungo» e l'Onu «è pronto ad aiutare i due paesi a coltivare buoni e amichevoli rapporti».

Negli Stati Uniti, però, non sono mancate le resistenze e le proteste, con una levata di scudi soprattutto da parte dei leader repubblicani al Congresso che il presidente vuole e deve coinvolgere per portare davvero a termine un processo di normalizzazione con L'Avana e eliminazione dell'embargo all'isola. Il senatore della Florida Marco Rubio, aspirante candidato alla presidenza e che da gennaio sarà alla guida della Commissione Esteri del Senato, ha detto che farà di tutto per «bloccare fondi destinati a una nuova ambasciata statunitense a Cuba» e per far deragliare «la nomina di un ambasciatore».

Il deputato, sempre della Florida, Mario Diaz-Balart ha rincarato sostenendo che il gesto di Obama «è folle» e rappresenta una «inaccettabile concessione al regime di Castro». Lo speaker della Camera John Boehner ha affermato che i rapporti bilaterali «non devono essere rivisti, tantomeno normalizzati, finché il popolo cubano non sarà libero». E ha aggiunto che l'azione di Obama minaccia semplicemente di «incoraggiare gli stati sponsor del terrorismo».


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