Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2014 alle ore 11:08.
L'ultima modifica è del 18 dicembre 2014 alle ore 15:45.

My24

La Corte di Giustizia Ue, in una sentenza, ha sancito che un ovulo umano manipolato, ma non fecondato, può essere brevettato a fini industriali. Nella loro sentenza i giudici europei hanno stabilito che, per essere qualificato come embrione umano, un ovulo umano non fecondato deve necessariamente avere la capacità intrinseca di svilupparsi in essere umano.

Quindi, per la Corte, un ovulo attivato per partenogenesi che abbia iniziato un processo di sviluppo non va considerato come un embrione umano. La partenogenesi consiste nell'attivazione di un ovocita, in assenza di spermatozoi, attraverso un insieme di tecniche chimiche ed elettriche e l'organismo così creato è denominato «partenote».

La direttiva sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche prevede che non sono brevettabili le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali. Nella sentenza “Brüstle” del 18 ottobre 2011 la Corte aveva rilevato che la nozione di «embrione umano» comprendeva gli ovuli umani non fecondati indotti a dividersi e a svilupparsi attraverso partenogenesi giacché tali ovuli erano, come gli embrioni creati mediante fecondazione di un ovulo, tali da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano.
La High Court of Justice (Alta Corte di giustizia del Regno Unito) è stata interpellata con una controversia che vede la società International Stem Cell Corporation (ISCO) opposta all'Ufficio britannico dei brevetti relativamente alla brevettabilità di processi di produzione che includono l'impiego di ovuli umani attivati mediante partenogenesi. Su tale questione è stato chiesto il giudizio della Corte di giustizia: se, cioè la nozione di «embrione umano», come interpretata nella sentenza Brüstle, si limitasse agli organismi atti ad avviare il processo di sviluppo che conduce ad un essere umano. A tal proposito, il giudice britannico aveva spiegato che, secondo le conoscenze scientifiche attuali, organismi come quelli che sono oggetto delle domande di registrazione di brevetto non possono in nessun caso svilupparsi in essere umano.

Nella sua sentenza odierna, la Corte ha dichiarato che, per poter essere qualificato come «embrione umano», un ovulo umano non fecondato deve necessariamenteavere la capacità intrinseca di svilupparsi in essere umano. Di conseguenza, il solo fatto che un ovulo umano attivato per partenogenesi inizi un processo di sviluppo non è sufficiente per considerarlo un «embrione umano».

Per contro, nell'ipotesi in cui un simile ovulo avesse la capacità intrinseca di svilupparsi in essere umano, esso dovrebbe essere trattato allo stesso modo di un ovulo umano fecondato, in tutte le fasi del suo sviluppo. A questo riguardo, secondo i giudici della Corte Ue, spetterà al giudice britannico verificare se, alla luce delle conoscenze sufficientemente comprovate e convalidate dalla scienza medica internazionale, gli organismi che sono oggetto delle domande di registrazione presentate dalla Isco abbiano o meno la capacità intrinseca di svilupparsi in essere umano.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi