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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 18 dicembre 2014 alle ore 06:51.

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LA TRATTATIVA

Il premier disponibile

a discutere sull’entrata

in vigore della nuova legge:

gennaio 2016 o al massimo

qualche mese oltre

ROMA

Il primo punto è quello di chiudere la partita dell’Italicum in Senato e contemporaneamente delle riforme costituzionali alla Camera entro gennaio, prima di iniziare le grandi danze per la successione di Giorgio Napolitano al Quirinale. Matteo Renzi, forte dell’enorme cappello steso dal Presidente sul governo nel suo discorso di martedì sera davanti alle alte cariche dello Stato, lo ha detto chiaramente incontrando ieri mattina i senatori democratici. Ed è un calendario - avverte poco dopo una nota ufficiosa del Nazareno - che il Pd considera «assolutamente stringente e urgente». Nonostante le polemiche innestate da Forza Italia alla Camera proprio sulla tempistica (si veda l’articolo in pagina).

Il secondo punto è stabilire una volta per tutte che non ci saranno norme transitorie: «Andremo a votare nel 2018 con l’Italicum», rassicura Renzi parlando con i suoi senatori. Nel 2018 magari no, ma con l’Italicum valido almeno per la Camera di certo sì. Quindi nessuna legge-ponte, che sia il Consultellum opportunamente rivisto come vorrebbe Roberto Calderoli o il vecchio Mattarellum inviso agli azzurri come rilanciato provocatoriamente dai renziani nei giorni scorsi. L’Italicum si applica da sé: vale per la Camera; se al momento delle elezioni la riforma costituzionale che abolisce il Senato non dovesse essere stata approvata in via definitiva, per eleggere i senatori basterebbe applicare il Consultellum. «La sentenza della Corte costituzionale è per definizione degli stessi giudici che l’hanno scritta autoapplicativa - dice Giorgio Tonini, l’uomo della segreteria renziana che sta seguendo la pratica Italicum in Senato assieme al capogruppo Luigi Zanda e alla presidente della prima commissione Anna Finocchiaro -. E questo vuol dire che, in caso di necessità, per applicare il Consultellum al Senato o ad entrambe le Camere in mancanza della nuova legge basterebbe un decreto del ministero dell’Interno, come specificato dagli stessi giudici che parlano esplicitamente di provvedimento di rango secondario». Nessun bisogno di mettersi là a riscrivere il Mattarellum senza scorporo o ad aggiustare il Consultellum per inserire la preferenza unica piuttosto che la doppia preferenza di genere, dunque. «La questione delle preferenze - continua Tonini esprimendo la linea “costituzionale” del governo - può essere definita alla bisogna nel provvedimento ministeriale». Anche perché si sa dove si inizia ma non si sa dove si finisce: «Non abbiamo nessunissima intenzione di aprire un cantiere per il provvisorio, che significherebbe passare mesi a discutere su come si fa il provvisorio per poi non fare niente».

Di norme transitorie dunque Renzi non ne vuole neanche sentire parlare. Tanto meno vuol sentir parlare di legare l’Italicum alla riforma costituzionale, come continuano a chiedere anche dalla minoranza del Pd (ieri Gianni Cuperlo), perché sarebbe evidentemente un modo per non approvare mai la riforma costituzionale. Mentre è disponibile - e lo ha ribadito durante la riunione dei suoi senatori prima di salire al Quirinale per il tradizionale pranzo pre-Consiglio Ue - a ragionare su una data dopo la quale l’Italicum entrerebbe in vigore, con o senza riforma del Senato approvata. Per il premier questa data è gennaio 2016, ma si può arrivare anche un po’ più in là. Non troppo, però, perché altrimenti si bloccherebbe il sistema sotto altre forme. La trattativa di queste ore con Forza Italia, nonostante le polemiche ufficiali portate avanti soprattutto dall’oltranzista capogruppo dei deputati azzurri Renato Brunetta, è tutta qui. Perché sulla tempistica e sul no alla norma transitoria - sia pure obtorto collo - Silvio Berlusconi ha dato le sue assicurazioni tramite l’ambasciatore Denis Verdini, in contatto con il sottosegretario a Palazzo Chigi Luca Lotti e con il vice del Pd Lorenzo Guerini. Il nodo da sciogliere è dove far cadere la data. Marzo 2016? Settembre? Perché una cosa è certa: se per estendere il Consultellum al Senato basta un decreto del Viminale, da quel momento in poi ogni momento è buono per concludere la legislatura.

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