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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 19 dicembre 2014 alle ore 06:57.

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Se Fed e Bce sembrano sostenere i listini bisognerà valutare il peso dei tre fattori che potrebbero contrastare una progressione del rialzo. Che, come detto, sono le tensioni in Russia (anche se nelle ultime due sedute il rublo e la Borsa di Mosca hanno recuperato terreno dopo che il presidente Vladimir Putin ha annunciato che la banca centrale è pronta a varare una serie di nuove misure per sostenere il cambio), l’andamento ribassista del prezzo del petrolio (“visto” sotto i 60 dollari nella prima parte del 2015 da molti analisti) e in Grecia. Da questo punto di vista si dà quasi per scontato che si arrivi al terzo turno per provare a eleggere il presidente con la maggioranza governativa, calendarizzato per il 29 dicembre. In caso di mancata elezione del candidato espresso dalla maggioranza di governo di Antonis Samaras (Stavros Dimas) anche al terzo turno, sarà sciolto il Parlamento e saranno convocate elezioni legislative anticipate. In questo caso, Syriza, partito anti-austerity e favorevole a una nuova rinegoziazione del debito, si presenterebbe come grande favorito per la vittoria. Ed è questa l'ipotesi che spaventa gli investitori, dover rinunciare a una fetta del prezzo delle obbligazioni acquistate. In quel caso l’ipotizzato rally di fine anno potrebbe interrompersi proprio sul più bello.

Le tensioni, peraltro, sono confermate dall’analisi dell’andamento da inizio anno dei bond dell’Eurozona. Se quelli dei BTp si sono più che dimezzati (dal 4,08% all’1,92%), trend ancora più netto per Spagna (dal 4,13% all’1,73%), Irlanda (dal 3,4$ all’1,29%) e Portogallo (dal 6% al 2,77%) i titoli greci sono gli unici a essere tornati più in alto (dall’8,4% all’8,49%). Segnale che il focolaio di Atene non è ancora spento.

.@vitolops

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