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Questo articolo è stato pubblicato il 20 dicembre 2014 alle ore 09:49.

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L’oligarca Alisher Usmanov. (Reuters)L’oligarca Alisher Usmanov. (Reuters)

Il primo a rispondere all’appello è stato il più ricco di tutti, Alisher Usmanov. Un impero tra i metalli e il minerario e la telefonia, con puntate nei media e nel calcio (l’Arsenal). Insieme a tutti i grandi dirigenti della Corporate Russia, l’oligarca venuto dall’Uzbekistan era tra gli invitati al tradizionale incontro di fine anno al Cremlino, venerdì sera. Ha annusato l’aria prima ancora di bussare alla porta. E ha annunciato il trasferimento dei propri asset in patria. Nel discorso alla nazione del 4 dicembre, e poi giovedì in una chilometrica conferenza stampa, Vladimir Putin aveva indicato nella “de-offshorizzazione” una delle strade da percorrere per uscire dalla crisi. Un tema non nuovo, mai affrontato con decisione: forse la gravità della situazione porterà finalmente a risultati concreti. I capitali russi fuggiti tornano a casa.

Nei giorni scorsi Usmanov aveva fatto parlare di sé per aver acquistato per 4,8 milioni di dollari la medaglia del Nobel di James Watson, lo scienziato americano costretto a venderla per ragioni economiche e per finanziare la ricerca sul Dna. Ma ora l’imperativo è salvare la Russia che affonda. Così ieri, a poche ore dal brindisi al Cremlino, la Usm Holding di Usmanov ha annunciato in una nota il trasferimento delle quote di controllo delle proprie compagnie Megafon e Metalloinvest - finora in mano a società estere - a holding basate in Russia. «Tali misure - continua la nota - sono state prese in linea con le politiche annunciate dal presidente Vladimir Putin per la de-offshorizzazione dell’economia russa, e l’introduzione di norme nel codice fiscale sulla tassazione dei profitti derivati da compagnie controllate estere».

All’enorme tavolo bianco al Cremlino, accanto agli altri, sedeva anche Vladimir Evtushenkov, appena uscito dagli arresti domiciliari per accuse di riciclaggio che lo stesso Putin ha detto sono state fatte cadere, malgrado Evtushenkov abbia dovuto rinunciare alla propria compagnia, Bashneft. C’è bisogno di serrare i ranghi: e Putin ha invitato i 41 ospiti a prendere parte alla diversificazione dell’economia russa, promettendo aiuto da parte dello Stato. «Lavoreremo a stretto contatto», ha detto il presidente. Ripetendo anche la proposta di concedere un’amnistia ai capitali che sceglieranno di rientrare: «Parto dal fatto che oggi avremo una conversazione assolutamente libera, senza forzare nessuno». All'incontro non partecipavano i manager delle grandi imprese di Stato, convocati però due giorni prima dal primo ministro, Dmitrij Medvedev, con l’invito a convertire in rubli i propri guadagni in valuta derivati dall’export.

Le autorità russe ostentano sicurezza: mentre il ministro delle Finanze Anton Siluanov si dice convinto che il rublo si stabilizzerà nei primi mesi dell’anno Andrej Belousov, consigliere economico del Cremlino, ha chiarito ieri che il governo ha un piano «più o meno pronto», che presto cambierà le sorti del rublo. E intanto, in una sola mattina la Duma ha approvato venerdì in tre letture e in tempi record una legge che autorizza il ministero delle Finanze a ricapitalizzare le banche, con un’iniezione fino a mille miliardi di rubli di capitale complessivo (pari a 16,5 miliardi di dollari). I primi istituti a essere coinvolti, ha precisato il ministro Siluanov, saranno quelli di importanza sistemica, i fondi potrebbero cominciare a essere distribuiti già da inizio anno.

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