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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2014 alle ore 20:32.
L'ultima modifica è del 20 dicembre 2014 alle ore 12:16.

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(Reuters)(Reuters)

NEW YORK - Un Barack Obama in “ritirata”? In fase “anatra zoppa dopo le elezioni del 5 novembre? Non si direbbe a giudicare dal piglio che il presidente americano ha mostrato nella sua conferenza stampa di fine anno, a partire da una condanna diretta della decisione della Sony di ritirare il film “The Interview” dalle sale americane per una minaccia di attacco terroristico: «La libertà deve prevalere sulle minacce – ha detto Obama - la Sony ha sbagliato».

Questa questa presa di posizione molto diretta, insolita per una vicenda che riguarda un'azienda pochi giorni dopo l'annuncio di un avvio della normalizzazione delle relazioni con Cuba, dà concretezza a un Barack Obama che ieri si è descritto come «pieno di energie ed eccitato per le prospettive dei prossimi due anni... non mi fermerò un minuto per migliorare la condizione dell'americano medio».

Così, intervenendo nel dibattito ormai globale che si è sviluppato attorno al film “The Interview” e alle minacce di attacchi terroristici da parte di frange vicine alla Corea del Nord, il presidente oltre a condannare la «debolezza» della Sony, ha promesso azioni di ritorsione «proporzionate» contro Pyongyang.

In ambienti vicini alla Casa Bianca si dà per certo che a breve la Corea del Nord sarà inserita nella lista di paesi sponsor del terrore una lista che include Iran, Sudan, Siria e ancora per qualche tempo Cuba.

La Sony ha già risposto:«Non volevamo in alcun modo fare marcia indietro, sono state la sale cinematografiche a ritirarsi, non avevamo alta soluzione», ha detto il presidente e amministratore delegato, Michael Lynton. Eppure una soluzione c’era. Il film poteva essere mostrato su Internet, a pagamento o gratis (come ha chiesto l'attore George Clooney), la scadenza del 25 gennaio poteva essere reinserita usando altri mezzi. Lo stesso Lynton del resto non ha escluso che il film usca e l'ipotesi di darlo gratis su YouTube è stata presa in considerazione.

In questo suo incontro di fine d'anno, insieme agli auguri di Natale e per un felice 2015, il presidente americano ha anche rivendicato il merito delle sue azioni di stimolo economico per la creazione di 11 milioni di posti di lavoro e per il recupero di settori che sembravano destinati all'estinzione come quello dell'auto «dove abbiamo creato 500.000 nuovi posti di lavoro. L'economia è migliorata, i redditi migliorano, il disavanzo pubblico è migliorato. Tutti gli indicatori sono buoni».

Obama ha anche espresso cauto ottimismo sulla possibilità che a Cuba le cose possano cambiare: «Non vi è nulla di certo per quel che succederà in futuro, ma sono sicuro di aver preso la decisione giusta creando i presupposti per riaprire le relazioni diplomatiche. Se per 50 anni le sanzioni non hanno portato a nulla, forse è bene cercare un'altra strada». Il presidente ha anche promesso di lavorare con il Congresso repubblicano: «Potremo trovare dei punti di compromesso, ma se i repubblicani cercheranno di eliminare la legge sanitaria che abbiamo appena applicato gli dirò di no». Lo stesso vale, ha detto Obama, se vorranno ridurre la protezione dei consumatori. «Userò il mio diritto di veto», ha detto.

Se però i repubblicani vorranno aumentare le esportazioni, ridurre le tasse, se vorranno cercare un accordo ad esempio sull'immigrazione, lo avranno. Poi ha aggiunto: «Che se lo ricordino, sarò io a dover firmare le leggi. E potrò rimandarle indietro sapendo che non avranno la maggioranza dei due terzi necessari per sconfiggere il mio veto».

Obama ha anche spiegato le ragioni per cui si oppone alle condutture Keystone, per portare petrolio e gas canadese fino al Golfo del Messico: «A parte l'impatto ambientale, il gasdotto serve più al Canada che noi, il petrolio andrà all'estero, non ci sarà un impatto sui prezzi interni. Perché non investiamo quei fondi in infrastrutture, in strade in ponti, creeremo un milione di posti di lavoro».

Parlando del problema razziale, Obama ha detto che l'America è meglio di quel che sembra: «Dovremo introdurre nuove regole, ma a parte casi isolati i neri in America oggi stanno meglio, come tutti, di quanto non stessero 6 anni fa».

Ma è il caso Sony ad aver dominato la scena. Barack Obama ha difeso i principi di libertà americani e ha aggiunto: «Se la Sony me lo avesse chiesto, gli avrei detto che non dovevano essere intimiditi da un cyberattacco. Hanno fatto un errore». Il presidente ha spiegato come in questo mondo interconnesso ci saranno opportunità per attaccare computer sia nel settore privato che in quello pubblico. «Dobbiamo prevenire gli attacchi, ma se miglioriamo noi, migliorano anche gli hackers – ha aggiunto Obama - Non possiamo avere una società in cui un dittatore da qualche parte può imporre una censura qui negli Stati Uniti. Perché se un dittatore può intimidire qualcuno e imporre di ritirare un film satirico immaginate che cosa farebbe se vedesse un documentario che non gli piace».

Obama ha confermato che la Corea del Nord, guidata da Kim Jong-un, è all'origine di questo attacco: «Ci dice qualcosa di questo regime. Hanno paura di un film satirico, hanno creato un danno ingente e risponderemo anche lavorando a nuove regole con gli altri paesi, per ora siamo nel selvaggio West».


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