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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2014 alle ore 15:42.
L'ultima modifica è del 23 dicembre 2014 alle ore 07:28.

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Le tensioni ribassiste sul prezzo del petrolio sembrano destinate a perdurare anche nel 2015. Almeno a giudicare dalle nuove dichiarazioni che arrivano da Arabia Saudita e Kuwait, due Paesi tra i più grandi produttori mondiali di oro nero.

Il potente ministro del Petrolio saudita, Ali al-Naimi, ha confermato la ferma posizione di Riad che intende mantenere l'attuale produzione di greggio, avvertendo che continuerà a farlo anche se i Paesi non Opec decideranno di ridurla: «Se vogliono tagliarla sono i benvenuti ma noi non la ridurremo, certamente l'Arabia Saudita non lo farà», ha dichiarato aggiungendo di essere «al 100 per cento insoddisfatto» dell’attuale prezzo del petrolio. Naimi ha ribadito la sua convinzione che il greggio tornerà a crescere anche se non è chiaro quando. Sui tempi si è sbilanciato il segretario generale dell’Opec Abdullah al-Badri, il quale ha detto di sperare in una ripresa dei prezzi «alla fine del secondo semestre del 2015», cioè tra un anno.

«L’Arabia Saudita e altri Paesi - ha puntualizzato polemicamente al-Naimi - hanno cercato di riportare il mercato in equilibrio, ma la mancanza di cooperazione dei Paesi produttori fuori dall’Opec e il diffondersi di informazioni fuorvianti e della speculazione hanno fatto crollare i prezzi».

Il ministro del petrolio del Kuwait, Ali al-Omair, ha ribadito dal canto suo che l'Opec non ha bisogno di tagliare la produzione di greggio e che non ci sarà bisogno di alcun vertice straordinario del cartello dei 12 Paesi produttori, e quindi «fino a giugno» non ci saranno novità.

«Non penso che abbiamo bisogno di tagliare... stiamo dando un'opportunità ad altri (i produttori di petrolio non Opec ndr)» di farlo se vogliono, ha dichiarato rispondendo alla domanda se Paesi come Russia e Messico dovessero decidere di ridurre le loro estrazioni. «L'Opec non taglierà. Nulla accadrà fino a giugno e non ci sarà alcun vertice di emergenza prima di allora».

Dallo scorso giugno il prezzo del petrolio ha perso più del 40%. La scorsa settimana il Brent (petrolio del Mare del Nord) è tornato sopra quota 60 dollari al barile mentre il Wti (petrolio scambiato a New York) è rimasto sotto tale a soglia, a quota 57 (quotazioni del petrolio).

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