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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2014 alle ore 06:36.

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NEW YORK

C’è un’arma non troppo segreta implicita in questa crescita americana del 5%: l’attivismo sull’occupazione della Federal Reserve e un passaggio delle consegne impeccabile fra Ben Bernanke e Janet Yellen alla guida della Banca Centrale americana. Il primo ha ideato l’architettura per il rilancio dell’economia dopo la Grande Crisi del 2007/2009. La Yellen sta ora gestendo l’uscita «con pazienza» da uno dei periodi in cui l’America ha avuto storicamente i tassi più bassi della sua storia. Bernanke è repubblicano, nominato da George W. Bush, la Yellen è democratica, nominata da Barack Obama (e molti anni prima da Bill Clinton). Ma questi custodi della macchina economica americana, questi personaggi che diventano quanto di più vicino potremmo avere ai “Grandi Sacerdoti” laici della Repubblica non sono motivati da differenze ideologiche, ma solo dal perseguire l’interesse economico della Nazione. Ripercorrendo la strada accidentata e densa di incognite che l’America ha imboccato per rilanciare la sua economia, la visione per il bene comune - al di sopra dell’ideologia e della politica - è una delle differenze fondamentali rispetto a all'Europa dove i litigi avvengono in funzione dei paesi di appartenenza e del potere di una Nazione in particolare, la Germania. Ma l’appartenere allo stesso club e la condivisione di una scelta comune al di là delle matrici politiche da sola non basterebbe senza un obiettivo preciso.

Prendiamo Janet Yellen, che fra sei settimane chiuderà il suo primo anno alla Fed. Il presidente della Banca centrale americana ha una motivazione chiave nel suo ruolo alla guida alla Federal Reserve: creare occupazione. Lo ha enunciato nel suo discorso inaugurale, quando ha ricordato di una sua chiaccherata con dei lavoratori nell’area di Chicago per affermare che c’era ancora molto spazio per un’azione espansiva a favore dell’occupazione. Ha continuato a enunciarlo lo scorso ottobre quando si è seduta al tavolo con un’agenzia di collocamento per ascoltare i problemi dei datori di lavoro e quelli di chi cercava lavoro. Ha usato quella sua chiaccherata per un discorso che fece poco dopo sulla disugaglianza in America. La Yellen si preoccupava addirittura di una questione sociale e politica prima ancora che economica. Ma il discorso di fondo era chiaro: «Dobbiamo fare di più. Terminata la manovra di quantitative easing terremo i tassi bassi a tempo per un bel pezzo», diceva la Yellen nelle sue riunioni del Federal Open Market Committee, per poi girare il messaggio in trasparenza al mercato. Perché? Il perché era chiarissimo: prima per rilanciare l’occupazione e poi, a quel punto della ripresa, per tutelarne la qualità.

Risaliamo al periodo del debutto della Yellen, quelli erano i mesi - intorno alla fine del 2013 - in cui si diceva che la Fed aveva fatto anche troppo, anzi che aveva sbagliato e che l’America avrebbe pagato cara l’uscita dal quantative easing e per l’incosciente attivismo della Banca centrale. La Yellen, sposando in pieno la linea Bernanke affermava con il suo discorso sui lavoratori di Chicago esattamente il contrario. La Fed aveva ancora un ruolo da svolgere sul fronte occupazione e l’avrebbe svolto.

Una motivazione di cui i banchieri centrali europei per statuto e per mandato non possono, sulla carta neppure considerare nelle loro scelte di politica monetaria. A Francoforte si deve solo dare peso alla stabilità dei prezzi, ma anche quando si entra in una evidente fase di deflazione, la preoccupazione resta sempre “bias” come si dice in gergo all’«aumento dei prezzi»: quando ci sarà? Come sarà? Sull’autonomia dei banchieri insomma, prevale l’ossessione tedesca.

Nello spaccato ideologico fra Stati Uniti e Europa vi sono stati purtroppo veementi critici dell’operato della Federal Reserve, prima sotto Ben Bernanke e dopo sotto la Yellen. Costoro, criticando l’America, non hanno aiutato l’Europa. Ancora nei giorni scorsi, quando si contavano quasi 700.000 nuovi lavoratori in tre mesi o quando ci si rendeva conto che complessivamente l’America in uscita dalla recessione aveva creato 11 milioni di nuovi posti di lavoro, c’erano i critici dell’azione della Fed. E dove ha puntato la Fed? Sul settore immobiliare, chiave per il rilancio dell’occupazione, quello che benficia di più dalla caduta dei tassi, sulle esportazioni, sui settori della meccanica avanzata e dell’auto. Con l’obiettivo di fare da traino ai consumi. L’operazione, nonostante le cassandre, per ora è riuscita. In Europa deve ancora partire.

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