Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2014 alle ore 08:28.

My24

Il comandante che non fugge. Argilio Giacomazzi è sceso dalla Norman Atlantic alle 14,50. Dopo che - nel caos di una tragedia che conta (per ora) dieci morti e una quarantina di dispersi - ogni procedura era stata (per quanto possibile) rispettata e ogni dovere assolto. Il tutto, anche grazie a un coordinamento fra le forze militari e civili che ha ben funzionato.

Giacomazzi ha vissuto la solitudine di chi - prevalendo sul panico e sull'angoscia - svolge il suo compito fino in fondo e rispetta il codice del mare e quello degli uomini.
Anche il suo operato – come è doveroso che accada in simili situazioni – sarà sottoposto al vaglio della magistratura. Comunque sia, in un Paese ormai pieno di paure e spesso colto da sussulti autodenigratori, segnato dalla lacerazione delle catene di comando e dalla trasformazione della “responsabilità personale” in un flatus vocis, il comandante Giacomazzi – di La Spezia – sembra uscito da un racconto di un altro ligure, il sanremese di adozione Italo Calvino, scrittore civile che adoperava la letteratura per comporre in realtà saggi di filosofia morale. Argilio, che già con quel nome potrebbe benissimo stare in una pagina della «Trilogia degli Antenati», potrebbe essere – nella galleria calviniana – il «Comandante non Sfuggente». Una sorta di alter ego del «Barone Rampante», Cosimo Piovasco di Rondò che, dopo un litigio con il padre, decide di salire sugli alberi del giardino e non ne scende più, esercitando una forma di dovere assoluto e costruendosi così un'altra realtà (letteraria). Il comandante che non fugge ha, invece, scelto di svolgere il proprio semplice compito contribuendo a ricostruire –o almeno a rallentare il principio di decostruzione – della realtà (italiana). La crisi italiana non è soltanto economica. È anche civile e psicologica. Una tendenza depressiva – al limite del nichilismo – depaupera le volontà e rende ogni giorno più fragili le anime.

L'immagine della Norman Atlantic assomiglia in maniera inquietante all'Italia di oggi. Sembra un quadro parossistico delle condizioni in cui è il Paese: l'incendio che si sviluppa nel cuore della nave e che brucia a lungo prima che ci si accorga di esso, il calore che si propaga verso l'alto arrivando a sciogliere le suole delle scarpe e la paura nel cuore degli uomini che diventa violenza e disponibilità a calpestare l'altro pur di salire sugli elicotteri del soccorso. Perché l'Italia non si trasformi nella «Nave dei folli» di Hieronymus Bosch servono alcune cose. La prima è il senso armonico e collettivo di chi deve eseguire – anche sotto pressione - parti diverse dello stesso spartito. E le forze militari e civili, operando insieme nei soccorsi, lo hanno fatto. La seconda cosa è – non solo nei casi eccezionali ma anche in una quotidianità che fa male a tanti -l'esercizio personale della responsabilità e del potere. Quello che ha fatto Argilio Giacomazzi.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi