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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 31 dicembre 2014 alle ore 09:27.

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un brutto anniversario

Il presidente celebra i 15 anni

al potere nel timore che l’opposizione possa trovare terreno fertile nelle difficoltà imposte dalla crisi economica

Quindici anni fa, la sera del 31 dicembre 1999, Vladimir Putin entrava in scena per la prima volta come presidente ad interim della Federazione russa. Sconosciuto alla maggior parte dei connazionali, se non fosse stato per i pochi mesi trascorsi alla guida del governo, Putin apparve a sorpresa sui teleschermi poco prima della mezzanotte per spiegare che, a sorpresa, il primo presidente Boris Eltsin aveva deciso di ritirarsi, e affidare a lui il Paese. «Amici - disse quel volto estraneo e un po’ impacciato - scegliendo la via della democrazia e delle riforme la Russia è stata in grado di diventare uno Stato forte e indipendente. Brindiamo alla nuova era della Russia».

Quindici anni dopo, la Russia non entra nel 2015 festeggiando. Un anno che avrebbe dovuto iniziare con il trionfo delle Olimpiadi invernali di Sochi, e che si è invece via via seppellito nel buio della crisi ucraina, è finito ritrovando gli agenti antisommossa per le vie di Mosca. Così, all’isolamento internazionale e alla grave crisi economica si è aggiunto il risveglio della protesta contro il regime, che se per ora è certamente circoscritta a poche centinaia di persone potrebbe trovare terreno fertile proprio nelle difficoltà che la crisi rischia di imporre in modo sempre più pesante ai russi.

La mobilitazione passa ancora una volta per il nome di Aleksej Navalny, blogger in guerra contro la corruzione e leader dell’opposizione. Un potenziale rivale fastidioso per Putin. Ieri mattina era atteso contro di lui l’ennesimo verdetto per frode e appropriazione indebita, anticipato a sorpresa proprio per togliere ai suoi sostenitori la possibilità di organizzare una dimostrazione in grande stile, il prossimo 15 gennaio. Spostando le date e lanciando contro Navalny una sentenza più mite rispetto alle severe richieste della Procura per non trasformarlo in un martire - a una condanna a dieci anni è stata contrapposta una sentenza sospesa a tre anni e sei mesi - le autorità contavano di togliere fiato alla protesta.

Ma insieme ad Aleksej, a processo era anche il fratello Oleg, imprenditore estraneo alla politica, anche lui accusato di aver sottratto a due società di cosmetici - di cui una affiliata a Yves Rocher - 30 milioni di rubli, circa 400mila euro. E il segnale è stato lanciato contro Oleg Navalny, condannato a tre anni e mezzo e messo subito agli arresti. Una decisione «schifosa», ha urlato Aleksej in tribunale, accusando i giudici di colpire il fratello per punire lui, il vero obiettivo. «Questo caso non è fondato sulla legge ma su qualcos’altro - ha commentato all’agenzia Bloomberg Irina Khrunova, legale delle Pussy Riot -. Oleg Navalny è un ostaggio. Per Aleksej è un colpo più forte che se avessero arrestato lui».

Ma più tardi, anche il fratello più famoso è finito in manette. Violando gli arresti domiciliari di una precedente condanna, Navalny aveva annunciato l’intenzione di recarsi anche lui al Maneggio - la piazza di fronte al Cremlino - per partecipare alla protesta organizzata dai sostenitori, venuti in centinaia malgrado i dieci gradi sotto zero, e malgrado l’imponente schieramento di polizia per una manifestazione non autorizzata. «Oggi voglio proprio essere con voi», ha twittato Navalny dal metrò. Lo hanno arrestato prima ancora di arrivare.

«Abbiamo appena visto - aveva detto in mattinata Aleksej Navalny - che le autorità non si limitano a distruggere i loro oppositori politici. Questa volta stanno deliberatamente distruggendo e torturando i parenti dei loro oppositori». Più tardi, un portavoce della polizia ha spiegato che Navalny sarebbe stato riaccompagnato a casa sotto scorta. Insieme a lui, secondo gli attivisti, sarebbero state fermate più di cento persone, e la piazza sgomberata. Vladimir Putin è a conoscenza del caso Navalny, ha commentato il portavoce Dmitrij Peskov via radio: ma il verdetto di ieri «non è sufficientemente importante per meritare un rapporto specifico» al presidente, informato dai media.

Un portavoce di Federica Mogherini, responsabile per la politica estera europea, ha detto che il verdetto di colpevolezza contro i fratelli Navalny «appare motivato politicamente», mentre il dipartimento di Stato americano lo ha definito «uno sviluppo inquietante».

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