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Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2015 alle ore 16:57.
L'ultima modifica è del 03 gennaio 2015 alle ore 17:41.
La Turchia non vive un momento di fulgida democrazia né di libertà di espressione: il presidente Erdogan ha recentemente ordinato una retata contro i giornalisti a lui ostili e vicini al suo ex compagno Gulen, cosa che ha allarmato Ue e Usa. Erdogan, leader di un partito di impronta islamica, l’Akp, è sempre impegnato in una guerra di posizione con esercito e magistratura, i poteri tradizionalmente laici. Eppure il governo islamico-conservatore ha autorizzato la costruzione a Istanbul di una chiesa per la piccola minoranza siriaca, una prima assoluta dopo la fondazione della Repubblica turca nel 1923.
«Ci sono state chiese restaurate o riaperte al pubblico, ma nessuna per ora è costruita ex novo», ha sottolineato una fonte governativa, dietro garanzia di anonimato. Nel Paese, musulmano al 99% e dove i vertici islamico-conservatori sono puntualmente accusati di «deriva islamista», i cristiani sono del tutto minoritari e a volte vittime di attacchi. Il governo ha tuttavia rafforzato i diritti delle minoranze religiose e proceduto a restituzioni di proprietà, restauri di chiese, monasteri e sinagoghe.
La prima nuova chiesa di Turchia da quasi un secolo a questa parte deve essere costruita nel quartiere di Yesilköy, sul mare di Marmara, su un terreno concesso dal municipio. I fondi necessari saranno forniti da una fondazione che difende i diritti dei siriaci (cristiani di lingua siriaca e di rito sia ortodosso che cattolico) concentrati nel Sud-Est della Turchia: una comunità comunque molto piccola, in tutto circa 20mila persone.
L’annuncio arriva a poco più di un mese dalla visita in Turchia di Papa Francesco. Tre giorni durante i quali il Pontefice aveva fatto visita alla Moschea Blu di Istanbul e aveva benedetto i fedeli insieme al patriarca ecumenico Bartolomeo I, il primo in latino e il secondo in greco.
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