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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2015 alle ore 07:10.
L'ultima modifica è del 07 gennaio 2015 alle ore 19:35.

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Con il superamento della soglia minima di casi, certificato dal Centro Europeo di Controllo delle malattie, la stagione influenzale inizia ora la sua corsa. La considerazione, avvertono gli esperti, vale anche per l'Italia, e nel nostro paese il virus trova un terreno ancora più fertile per i bassi tassi di vaccinazione seguiti alla vicenda del Fluad, il vaccino ritirato e poi “scagionato” dall'Aifa. «Complici i viaggi, le feste e nei prossimi giorni anche l’apertura delle scuole, la curva della campana epidemica influenzale ha cominciato a salire e raggiungerà il suo picco intorno a fine gennaio - conferma il virologo dell’università di Milano, Fabrizio Pregliasco - e poi inizierà la sua discesa». Quest’anno l’epidemia potrebbe mettere a letto dai 3,5 ai 4 milioni di italiani, confermando le previsioni di inizio stagione.

Ma dagli Usa arriva una «variante» del virus.
Tutto sembra rispettare il copione, dunque, con un’eccezione. L’unica sorpresa, se così si può dire, potrebbe arrivare da una variante del virus A/H3N2, già rilevata negli Stati Uniti nel 60% dei virus di questo tipo. «Questa variante - rileva Pregliasco - non è contemplata negli attuali vaccini, che dunque, in sua presenza, potrebbero perdere un pochino di efficacia. Ma questo ci interessa relativamente, almeno per ora, visto che in Italia, il virus influenzale prevalente è quello A/H1N1, che corrisonde perfettamente al vaccino. Ed è in circolazione anche un virus influenzale di tipo B, anch’esso previsto comunque dagli attuali farmaci preventivi».

Vaccinazioni in calo per l’effetto «Fluad»
Ma a questo proposito, si segnala un drastico calo delle vaccinazioni: una disaffezione legata al recente ritiro dal mercato del farmaco Fluad, deciso dall’Aifa in seguito ad alcune morti sospette di pazienti anziani. Il vaccino è stato in seguito pienamente riabilitato. «Secondo alcune segnalazioni, dopo metà novembre le vaccinazioni si sono di fatto arrestate e questo potrebbe voler dire che da un 50-55% di vaccinati, una cifra già bassa, si è arrivati al 40. Nelle prossime settimane si vedrà come questo si traduce nel numero di pazienti e di ricoveri», spiega Carlo Signorelli, presidente della Società Italiana di Igiene e Medicina Preventiva (Siti). La stima è condivisa da Govanni Rezza, epidemiologo dell'Istituto Superiore di Sanità. «Al momento si possono fare solo delle congetture, sulla base delle notizie che si hanno di un calo delle vaccinazioni piuttosto sostenuto - spiega Rezza -. Un calo del 20% nei vaccinati totali corrisponderebbe a circa due milioni di persone in meno. Certo, un problema in più è che noi partivamo da valori già bassi».

A Milano 30mila vaccinati in meno
E Fabrizio Pregliasco rileva come «molte persone abbiano dato un’interpretazione rovesciata del provvedimento di sospensione del vaccino, che era invece un atto dovuto da parte dell’Aifa». E come, per alcuni italiani, questo sia diventata «un’ulteriore conferma della presunta negatività del vaccino».

Tanto che nella sola città di Milano «almeno 30 persone avrebbero rinunciato alla vaccinazione».

I tre campanelli d’allarme dell’influenza
Sono 263, rileva inoltre l’esperto, i virus oggi in circolazione catalogati in base alla loro gravità: il primo è il rinovirus del raffreddore, l’ultimo è il virus dell’influenza con le manifestazioni più pesanti. Pregliasco sottolinea infatti come, per poter parlare di vera e propria influenza, debbano sussistere almeno tre condizioni: «Solo nel caso in cui insorgano una febbre elevata, sintomi generali come un forte senso di bastonamento e sintomi respiratori, si può parlare di influenza».

Se sussistono tutti e tre i campanelli d’allarme bisogna correre ai riparti, utilizzando inizialmente «aspirina o paracetamolo nell'ottica di attenuare i sintomi più fastidiosi». Mentre l’uso degli antibiotici dovrebbe essere limitato solo ai casi in cui subentrino complicanze.

Costi sociali per 4 miliardi
L'influenza dura in media dai 5 ai 7 giorni. Una settimana di “inattività”, che ha anche un costo sociale. «Si calcola, in media, un costo diretto che va da 30 a 240 euro per ogni persona non ospedalizzata - spiega Pregliasco -: e se invece bisogna ricorrere all'ospedale, il costo può salire fino a 3-6mila euro. Vi sono poi i costi indiretti, come la ricaduta dell'assenza dal lavoro. In media, si stima che l'influenza abbia un costo sociale di circa 1.000 euro per ogni persona». Quest’anno, insomma, l’epidemia potrebbe costare tra i 3,5 e 4 miliardi di euro.

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