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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2015 alle ore 14:03.
L'ultima modifica è del 06 gennaio 2015 alle ore 16:13.

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Per le celebrazioni, questa sera,Vladimir Putin è atteso a Voronezh: è la vigilia di Natale per la Chiesa ortodossa, domani i mercati saranno chiusi. Ma poi, in questo anno su cui si allunga l’ombra della recessione, il ritorno alla realtà non sarà facile. Nel silenzio di questi giorni di vacanza il rublo ha proseguito ad accompagnare il calo dei prezzi del petrolio, perdendo terreno soprattutto nei confronti del dollaro, che ora chiede 62,90 rubli (qui il cambio in tempo reale sulla valuta americana), ma anche sull’euro (qui il cambio in tempo reale sulla moneta unica). Dopo il recupero di fine anno, nell’ultima settimana ha perso quasi il 10% sull’euro e circa il 12% sul dollaro.

Mentre, al contrario, cresce inesorabilmente il rischio Russia, sotto il tiro incrociato delle sanzioni internazionali e del greggio: i credit default swap a cinque anni (contratti che assicurano da un mancato pagamento sul debito russo) sono saliti ieri a Mosca a quota 601 punti, dai 550 di lunedì sera. Per “proteggere” 10 milioni di dollari in titoli di Stato per cinque anni, il costo per un investitore sale così a 601mila dollari l’anno. Si ritorna ai livelli della precedente grande crisi finanziaria del marzo 2009.

In questo modo il mercato anticipa il verdetto sull’economia russa che le agenzie di rating stanno per dare, senza attendere la fine del periodo festivo, preoccupate per la tenuta del bilancio dello Stato. Fitch darà il proprio giudizio sulla Russia venerdì: oggi, con un outlook negativo, Mosca si trova solo due gradini sopra il livello junk, e rischia di perdere lo status di “investment grade”, mossa che Standard & Poor’s ha già minacciato il mese scorso. «Il tracciato del petrolio è al ribasso - ha spiegato a Bloomberg Chris Weafer, analista di Macro Advisory a Mosca - ed è probabile che nel primo trimestre vedremo il Brent sotto i 50 dollari al barile. Questo significa che si rinnoveranno le pressioni sul rublo, con la forte possibilità che il credit rating sulla Russia venga portato al livello “spazzatura” da almeno una delle agenzie di valutazione del credito».

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