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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2015 alle ore 10:21.
L'ultima modifica è del 08 gennaio 2015 alle ore 15:46.

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Fino a poche settimane fa era solo una suggestione: l'addio di Messi al Barcellona si scontrava con la volontà del giocatore di restare in Spagna, dove si è sempre trovato benissimo, e soprattutto con la mostruosa clausola rescissoria (250 milioni di euro) che ha sempre allontanato qualsiasi pretendente.
Ma le cose, nel calcio, cambiano all'improvviso e gli ultimi avvenimenti in casa blaugrana rendono possibile, se non probabile, quello che sarebbe probabilmente il più clamoroso trasferimento nella storia di questo sport, e sicuramente il più oneroso.

I fatti sono questi: Messi è ormai ai ferri corti con l'allenatore, Luis Enrique, che ha portato a Barcellona i suoi metodi piuttosto duri, per usare un eufemismo. I media spagnoli riferiscono di un Messi furibondo, che ha accusato Luis Enrique di essere un dittatore, il “padrone” dello spogliatoio e di trattarlo esattamente come tutti gli altri giocatori. Un atteggiamento in linea di principio ineccepibile, che tuttavia aveva già creato più di un problema allo stesso Enrique quando allenava la Roma di Francesco Totti, un altro fuoriclasse difficile da inquadrare come un giocatore qualsiasi.
La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l'esclusione di Messi, a seguito dell'assenza del giocatore a un allenamento per una gastroenterite probabilmente “politica”, dall'undici titolare nella partita di esordio del 2015 poi persa dal Barcellona contro la Real Societad. Il segno di una rottura difficile da ricomporre, nonostante il frenetico lavoro in questo senso di due senatori dello spogliatoio blaugrana come Xavi e Iniesta.

A completare il quadro c'è la precaria situazione interna del club, reduce dall'addio di due vere e proprie colonne come Zubizarreta e Puyol: il primo licenziato dal presidente Bartomeu, dopo quattro anni come direttore sportivo, il secondo pronto ad annunciare la separazione dal club per motivi di crescita personale, ma probabilmente proprio in conseguenza del licenziamento di Zubizarreta a cui era molto legato.
Lo stesso Bartomeu ha cercato di portare un po' di tranquillità negando i problemi tra Luis Enrique e lo spogliatoio (e Messi in particolare) confermando sia l'allenatore, sia l'incedibilità del giocatore, oltre a convocare elezioni anticipate per la fine della stagione: elezioni a cui ovviamente si ripresenterà. Ma la situazione resta complessa e l'addio di Messi potrebbe prendere corpo.

La prima mossa in questo senso l'ha fatta il Chelsea che ha contattato Jorge Messi, il padre del giocatore, per capire se ci sono i margini per tentare il colpo del secolo. A quanto si dice in Inghilterra Mourinho, che farebbe carte false per avere La Pulce, avrebbe già convinto Abramovich a sborsare 250 milioni di euro per far fronte alla clausola rescissoria del fuoriclasse argentino. Soldi che potrebbero rientrare, almeno parzialmente, con una campagna cessioni mirata e con l'inevitabile incremento dei diritti di immagine di cui il Chelsea godrebbe con Messi in rosa.

Impossibile? Mai dire mai, soprattutto quando si tratta del Barcellona: una bottega carissima, senza dubbio, ma una bottega dove si può comprare di tutto. Basta ricordare che proprio da Barcellona sono partiti Diego Armando Maradona e Ronaldo (il Fenomeno) approdati al Napoli e all'Inter. E in tempi ancora più lontani un certo Luisito Suarez: con i soldi incassati da Moratti padre a Barcellona costruirono il nuovo stadio… Giocatori del livello di Messi e, esattamente come lui, giudicati incedibili fino al giorno prima di firmare il nuovo contratto.
A Barcellona, insomma, anche i tifosi sono abituati alle cessioni eccellenti, soprattutto se portano un grande beneficio alle casse della società e rendono possibili investimenti altrimenti non realizzabili. Un calcolo che tutto sommato il presidente Bartomeu potrebbe aver fatto.

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