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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2015 alle ore 13:49.
L'ultima modifica è del 09 gennaio 2015 alle ore 16:20.

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Primo cambiamento sul Bosforo dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo a Parigi del governo turco accusato dagli americani e da alcuni governi europei di essere stati in passato poco collaborativi sul fronte dei foreign fighters che si recavano in Siria passando dalla porosa e lunga frontiera turca-siriana. Secondo stime rilasciate a settembre del coordinatore europeo contro il terrorismo, Guilles De Kerchove, sono circa tremila gli europei partiti verso la Siria per combattere nelle fila dell'Isis. Il numero include chi è stato ucciso in combattimento e chi è rientrato nei paesi di origine.

La Turchia ha espulso 1.056 stranieri e posto un divieto di ingresso nel Paese per 7.833 persone nell'ambito dell'impegno mirato a fermare il reclutamento di jihadisti in Siria e in Iraq. Lo ha dichiarato il capo dell'Intelligence nazionale turca, Hakan Fidan, uomo fidatissimo del presidente Recep Tayyip Erdogan, durante la consueta conferenza annuale con gli ambasciatori ad Ankara.

I numeri sono stati confermati dal ministro degli Interni Efkan Ala, che in un'altra riunione ha confermato ai diplomatici l'espulsione di 1.056 stranieri dalla Turchia invitandoli a «raccontare i fatti al mondo. Al momento abbiamo impedito a 7.833 persone di entrare in Turchia e abbiamo espulso circa 1.056 persone».

La Turchia era stata accusata in un recente passato di essere poco collaborativa sul tema a causa di una politica estera che dava priorità alla caduta del regime siriano piuttosto che alla lotta al califfato dell'Isis. Ora la svolta, probabilmente su pressioni occidentali, preoccupate di fermare il flusso dei foreign fighters che stanno diventando un pericolo sempre maggiore nei paesi europei come dimostra tristemente la tragedia di Charlie Hebdo a Parigi.

L'ex-presidente turco Abdullah Gul, volto moderato del partito islamico Akp al potere ad Ankara dal 2002, ha lanciato un appello ai dirigenti del mondo islamico perché denuncino la strage di Parigi contro il giornale Charlie Hebdo. Gul, sostituito nelle funzioni di capo dello stato in settembre dall'ex premier Recep Tayyip Erdogan, ha chiesto ai leader di tutti i paesi islamici di «denunciare questo attacco disumano e di mostrare solidarietà con il popolo francese contro l'estremismo religioso». «È chiaro - ha aggiunto Gul, citato da Hurriyet online - che questo tipo di violenza è profondamente immorale ed è contro i principi fondamentali di qualsiasi religione, e in particolare dell'Islam».

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