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Questo articolo è stato pubblicato il 13 gennaio 2015 alle ore 09:07.
L'ultima modifica è del 13 gennaio 2015 alle ore 14:50.

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Papa Francesco è arrivato a Colombo, in Sri Lanka. Ad accoglierlo, all’aeroporto, il neo-presidente Maithripala Sirisena, eletto appena la settimana scorsa. La chiesa locale era rappresentata dal cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo e presidente della Conferenza Episcopale dello Sri Lanka. Insieme alle massime autorità politiche e religiose cingalesi c'era anche un corpo d'onore delle forze armate dello Sri Lanka, con 40 elefanti. Il papa è stato salutato da bellissime coreografie, con decine di giovani nei costumi tradizionali.

Nel suo discorso durante la cerimonia di benvenuto, papa Bergoglio ha ricordato la situazione del paese, insanguinato da trent'anni di guerra civile, che si è fermata appena 5 anni fa. «Il processo di risanamento - ha detto - richiede di includere il perseguimento della verità, non con lo scopo di aprire vecchie ferite, ma piuttosto quale mezzo necessario per promuovere la loro guarigione, la giustizia e l'unità».

«È una costante tragedia del nostro mondo che molte comunità siano in guerra tra di loro». Questa osservazione è servita a Papa Francesco per tornare sul tema del terrorismo. «L'incapacità di riconciliare le diversità e le discordie, antiche o nuove che siano, ha fatto sorgere tensioni etniche e religiose, accompagnate frequentemente da esplosioni di violenza», ha spiegato, ricordando che «per molti anni lo Sri Lanka ha conosciuto gli orrori dello scontro civile, ed ora sta cercando di consolidare la pace e di curare le ferite di quegli anni». «Cari amici - ha continuato Bergoglio - sono convinto che i seguaci delle varie tradizioni religiose hanno un ruolo essenziale da giocare nel delicato processo di riconciliazione e di ricostruzione che è in corso in questo Paese».
Secondo Francesco, «perché tale processo avvenga, bisogna che tutti i membri della società lavorino assieme; che tutti abbiano voce. Tutti devono essere liberi di esprimere le proprie preoccupazioni, i propri bisogni, le proprie aspirazioni e le proprie paure». «Ma soprattutto - ha concluso - devono essere pronti ad accettarsi l'un l'altro, a rispettare le legittime diversità ed imparare a vivere come un'unica famiglia».

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