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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2015 alle ore 19:05.
L'ultima modifica è del 14 gennaio 2015 alle ore 20:21.

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La procura di Milano ha chiuso le indagini per l'ex numero uno di Eni Paolo Scaroni e altre 7 persone e Saipem e la stessa Eni per la presunta maxi tangente algerina. Oltre alla corruzione internazionale ad alcuni è stata contestata la frode fiscale.

La chiusura delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dai pm di Milano Fabio De Pasquale, Isidoro Palma e Giordano Baggio riguarda, oltre Scaroni, anche l'ex direttore operativo di Saipem Pietro Varone, l'ex presidente di Saipem Algeria Tullio Orsi, l'ex direttore finanziario prima di Saipem e poi di Eni Alessandro Bernini, l'ex presidente ed ex ad di Saipem Pietro Tali, e poi Farid Noureddine Bedjaoui il fiduciario dell'allora ministro algerino dell'energia Chekib Khelil e Samyr Ouraied fiduciario dello stesso Bedjaoui. Indagate, in qualità di persone giuridiche, Eni e Saipem.

I reati ipotizzati sono il concorso in corruzione internazionale e per Scaroni, Varone, Bernini, Tali, Bedjaoui e Ouraied, anche la dichiarazione fraudolenta mediante artifizi e cioè false fatturazioni e falso impianto contabile. Al centro delle indagini, il cui atto di chiusura e avviso di deposito verrà notificato nelle prossime ore, c'è una presunta maxi-tangente da circa 198 milioni di dollari che sarebbe stata versata dalla società controllata dall'Eni all'allora ministro dell'energia algerino e al suo entourage per ottenere sette grandi appalti petroliferi del valore di “oltre 8 miliardi di euro”. I fatti, su cui la Procura ha raccolto tra l'altro le carte di rogatorie in Libano, Algeria, Svizzera, Lussemburgo e Hong-Kong, sarebbero avvenuti tra il 2007 fino almeno al 2010.

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