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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2015 alle ore 06:57.
L'ultima modifica è del 16 gennaio 2015 alle ore 06:57.

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Non c'è forse altro paese in Europa in prima linea nella lotta all'islamismo radicale. Il Belgio - ieri sera al centro di numerose operazioni anti-terrorismo che hanno fatto, tra le altre cose, due morti a Verviers - ha confermato ancora una volta di essere l'anello debole europeo, a meno una settimana dai recenti attentati parigini. I motivi sono sociali, politici, geografici e culturali, tanto che da tempo le autorità politiche si stanno preoccupando del daffarsi.

Si sono moltiplicati negli ultimi anni in Belgio i fatti di violenza segnati da una matrice islamica. Nel maggio dell'anno scorso, il francese Mehdi Nemmouche ha ucciso qui a Bruxelles quattro persone nel museo ebraico della capitale belga. In ottobre, si è aperto un processo contro l'organizzazione Sharia4Belgium, un gruppuscolo salafista sospettato di essere il più importante reclutatore di militanti jihadisti da inviare a combattere in Siria contro il regime di Bashar el-Assad.
Secondo un centro studi inglese, l'International Center for the Study of Radicalization and Political Violence, il Belgio avrebbe inviato 300 militanti in Siria. In proporzione alla popolazione (11 milioni di abitanti), la cifra è elevata. La Germania ne avrebbe inviati 240, la Francia 412, l'Italia 50. Come è possibile? Una delle ragioni è che il paese è stato per numerosi anni molto generoso nel concedere la propria nazionalità, convinto che in questo modo avrebbe facilitato l'integrazione.

Secondo il centro-studi Itinera di Bruxelles, tra il 2002 e il 2012, il Belgio ha registrato l'arrivo netto di 500mila nuovi immigrati (pari al 4,5% della popolazione). Storicamente, il Belgio si è sempre voluto liberale e liberista nel suo approccio all'immigrazione. Non per caso è stato nell'Ottocento la terra di esilio di Victor Hugo o di Karl Marx. Un piccolo partito, nato nel 2012 e chiamato Islam, chiede l'adozione della Sharia. Il movimento è riuscito a eleggere due suoi rappresentanti a Bruxelles.
Un altro motivo che spiega la presenza elevata di militanti islamici è anche il confronto perenne tra le due grandi comunità del paese, i fiamminghi e i valloni. Inevitabilmente, le autorità nazionali sono assorbite dalle tensioni interne e tralasciano i rischi provenienti da immigrati poco integrati. In questo contesto, l'associazione Sharia4Belgium raggruppa almeno 40 predicatori accusati di aver reclutato militanti pronti a combattere la guerra santa in Medio Oriente o in Europa.

Il paese, poi, è al centro dell'Europa, luogo di residenza favorevole per i militanti islamici. Da Bruxelles o Anversa è facile raggiungere Parigi o Amsterdam. Forse proprio la facilità di movimento avrebbe consentito ai fratelli Saïd e Chérif Kouachi, che a Parigi la settimana scorsa hanno fatto 12 morti nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, di armarsi proprio rifornendosi in Belgio. In alcune città sono apparsi nel corso degli anni dei quartieri ghetti.
Si calcola che in Belgio vivano circa un milione di stranieri e che i musulmani siano in tutto 685mila, pari a oltre il 6% della popolazione. La grande maggioranza dei musulmani che vivono in questo paese sono originari del Marocco e della Turchia. Dal 1985, ossia da quando la legge sulla nazionalità è stata allentata in questo paese, circa 800mila stranieri hanno ricevuto la cittadinanza belga, e l'80% di questi sono extra-comunitari.

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