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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2015 alle ore 10:39.
L'ultima modifica è del 16 gennaio 2015 alle ore 11:27.

Dino Meneghin con il figlio Andrea durante un allenamento della Nazionale (LaPresse)Dino Meneghin con il figlio Andrea durante un allenamento della Nazionale (LaPresse)

Questa è la storia di Dino: un ragazzino, ma sarebbe meglio dire un ragazzone, che a 13 anni si è avvicinato al basket per caso. La sua scuola, a Varese, partecipava ai campionati studenteschi ma lui, già allora un bel pezzo più alto dei più alti, non era in squadra. Perché l’insegnante di ginnastica gli aveva decretato un futuro nell'atletica leggera: lancio del disco e del peso, tanto con quel fisico non era un problema buttare l’attrezzo a distanza siderale.

Questa è la storia del papà di Dino, che gli aveva consegnato un campanaccio per andare a fare il tifo. Ma quel giorno, alla palestra, l’allenatore dei cestisti non era uno qualsiasi: era Nicola “Nico” Messina, uno dei più grandi di tutti i tempi. E quell’allenatore, che lavorava anche per la Ignis Varese, non poteva lasciarsi scappare l’occasione di osservare da vicino quel gigante adolescente. Gli erano bastati pochi minuti, facendolo correre intorno al campo senza nemmeno togliersi il cappotto, per ordinargli di presentarsi, il giorno dopo, all’allenamento.

Questa è la storia della mamma di Dino, che quella stessa sera aveva domandato al figlio: “Ma cos’è il basket?”, giusto in tempo per capire che scarpe comperare. Modello giusto, colore sbagliato: Superga rosse, come quelle che indossavano i rivali storici di Varese, le Scarpette rosse dell’Olimpia Milano. Nico Messina gli fece cambiare scarpe e Dino lo ripagò scrivendo pagine da leggenda per il basket varesino: dieci finali di Coppa Campioni in dieci anni consecutivi. Che qualcuno ci riprovi, se ne ha il coraggio. Le scarpette rosse di Milano le avrebbe indossate anni dopo, quando tutti lo davano nella fase calante della carriera: e invece anche lì botte sotto canestro, rimbalzi, punti segnati e tante, tante vittorie.

Questa è la storia di Andrea, che ha festeggiato il titolo europeo con la Nazionale italiana, nel 1999, abbracciando sul campo il padre diventato nel frattempo team manager della Nazionale: quel titolo che 16 anni prima, nel 1983, l’Italia aveva vinto con Dino in campo a fare la differenza contro tutto e contro tutti.

Questa è la storia di un giocatore che ha vinto in carriera più titoli di quelli che molte squadre italiane possono solo sognare di avere in bacheca. Di un giocatore che è arrivato fino alla Hall of Fame del basket mondiale, accolto con rispetto dai mostri sacri dell’Nba, coccolato e amato dai suoi allenatori, diventato un idolo per i propri tifosi, temuto dagli avversari fino all'ultimo minuto trascorso sul parquet.

Questa è la storia di un uomo che non si è mai tirato indietro, che ha sempre spostato un passo più avanti il proprio obiettivo, che ha percorso quasi trent’anni di carriera professionistica con la voglia di imparare sempre e comunque qualcosa di nuovo. Con la capacità di modificare il proprio gioco, di sfidare i più giovani sul loro terreno, di batterli.

Questa è la storia di Dino Meneghin, semplicemente il più grande giocatore italiano di tutti i tempi, senza discussione. Ancora oggi disponibile con tutti, pronto a regalare una battuta o una stretta di mano a chiunque lo avvicini, non facendo mai pesare a nessuno il suo essere una leggenda.

Questa è la storia di un ragazzino che il 18 gennaio compie 65 anni, ma che nell’animo è rimasto uguale a quando, impacciato e infagottato in un pesante cappotto, muoveva i primi passi di corsa su un campo da basket. E che proprio per questo, nonostante la sua grandezza, è rimasto per tutti semplicemente Dino. Auguri, campione.

P.S. Per gli amanti delle statistiche Dino Meneghin ha giocato 836 partite in Serie A con le maglie di Varese, Milano e Trieste. Ha vinto 12 scudetti e sei Coppe Italia, sette Coppe dei Campioni, quattro Coppe Intercontinentali, due Coppe delle Coppe, una Coppa Korac. Con la Nazionale un oro e due bronzi ai Campionati europei e l'argento olimpico a Mosca nel 1980. Nel 1991 è stato nominato miglior giocatore europeo di tutti i tempi. Dal 2009 al 2013 è stato presidente della Federazione Italiana Pallacanestro. Nel 1970 è stato scelto dagli Atlanta Hawks, primo italiano di sempre, per giocare nell'Nba. Nel 2003 è entrato a far parte della Hall of Fame del basket di Springfield. È vicepresidente e fa parte del board e del Comitato esecutivo di Fiba Europe.

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