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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2015 alle ore 15:25.
L'ultima modifica è del 17 gennaio 2015 alle ore 16:10.

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La Germania azzoppa la correzione dei conti esteri dell’Eurozona. Lo segnala un report del Centro Studi di Confindustria. In pratica il surplus della Germania è rimasto superiore alle soglie europee ed è su «livelli insostenibili con perdita di benessere per tutti», ha sottolineato il Centro Studi di Confindustria in un rapporto in cui si evidenzia che durante la crisi tutti i Paesi euro in deficit hanno aggiustato i conti con l'estero, mentre «i paesi core non hanno fatto nulla per ridurre i loro surplus». E così, per aggiustare i conti i Paesi in deficit hanno dovuto recuperare competitività di prezzo e ridimensionare gli standard di vita, generando deflazione e riduzione della domanda che non sono state compensate, come sarebbe stato logico e opportuno, da politiche espansive nei Paesi in surplus, Germania anzitutto.

Il punto sugli squilibri
Il Csc nel report fa il punto sugli squilibri all'interno dell'Eurozona ricordando che durante la crisi, il saldo delle partite correnti italiano è passato dal -3,5% del Pil nel 2010 al +1,5% nel 2014 e quello spagnolo si è mosso dal -9,6% nel 2007 al +0,5%. La Germania, invece, l'ha mantenuto sostanzialmente invariato a un livello (7,1%) che «è eccessivo sia secondo i più elementari principi economici sia in base alle soglie di allarme europee», sottolinea il rapporto.

Per il six-pack un surplus non può superare il 6% del Pil
Il cosiddetto six-pack, infatti, sancisce che un surplus non possa superare il 6% del Pil. «È vero che il surplus della Germania verso il resto dell'Area euro si è annullato (dal 2,9% del Pil nella prima metà del 2007), ma attraverso minore export verso gli altri paesi euro anziché via maggiore import, che è invece calato». Risultato: domanda interna dell'Area euro più debole, occupazione e redditi più bassi. «Insomma, minore benessere per tutti, compresi i tedeschi. E deflazione nell'intera Area».

Occorre uno stimolo alla domanda interna attraverso la politica di bilancio
Per combatterla - si spiega nel rapporto - la Bce deve correre ai ripari con misure che, da sole, non potranno bastare. Un quadro di fragilità e instabilità. Per uscirne occorre uno stimolo alla domanda interna attraverso la politica di bilancio. Stimolo che il piano Juncker non garantisce. Perciò servono una dinamica più vivace di prezzi, consumi e investimenti nei paesi in surplus, in particolare in Germania, in modo da riequilibrare il peso dell'aggiustamento e limitarne gli effetti negativi, di cui ormai risente la stessa economia tedesca.

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