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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2015 alle ore 10:33.
L'ultima modifica è del 18 gennaio 2015 alle ore 15:02.

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(Afp)(Afp)

Il Papa nel terzo giorno della visita nelle Filippine ha sfidato la tempesta tropicale per essere vicino ai superstiti del tifone Yolanda-Haiyan che nel novembre 2013 devastò l'isola di Leite, compreso l'aeroporto in cui è atterrato poggi il Papa, provocando oltre diecimila morti. Le previsioni metereologiche davano una tempesta per oggi, che tuttavia ha anticipato i tempi, e così anche il decollo del Papa era stato anticipato di un'ora rispetto al programma. L'aereo della Philippines Airlines con a bordo una delegazione del governo, che ha iniziato il rullaggio pochi minuti dopo quello del Papa, in fase decollo è sbandato a causa di una violenta raffica di vento, è sbandato e ha concluso la sua corsa fuori pista, senza feriti, riferisce Vatican Insider.

Il Papa è rimasto colpito e commosso dalla presenza di così tante persone, incuranti della pioggia battente. Dopo la messa all'aeroporto ha voluto percorrere in papamobile i 14 chilometri dall'aeroporto a Tacoblan alla cattedrale di Palo, sia all'andata che al ritorno, proprio per salutare le centinaia di migliaia di fedeli che attendevano il suo passaggio. La papamobile aveva il tettuccio, ma era aperta da tutti i lati. Francesco indossava l'impermeabile giallo «soft rain coat» come gli altri pellegrini, ma aveva la tonaca bianca inzuppata. Francesco ha voluto visitare una casa di pescatori devastata dal tifone, ha incontrato la famiglia, benedetto i bambini. Quindi è ripartito di corsa per l'arcivescovado di Palo, dove ha pranzato velocemente con una trentina di familiari delle vittime di Yolanda. Ha ascoltato le storie di ognuno, li ha abbracciati.

La prevista visita con benedizione del «Pope Francis Center for the Poor» non è avvenuta: il Papa si è fermato e ha benedetto la costruzione dall'auto, senza entrarvi, pressato dalle autorità di sicurezza che chiedevano di accelerare il programma a causa della tempesta in arrivo. L'ultima tappa è stata la cattedrale. Qui il Papa doveva pronunciare un discorso, incontrando i vescovi, i religiosi e altre famiglie di superstiti. Nel testo preparato, che non è stato pronunciato ma che si considera comunque consegnato, Francesco aveva scritto: «Oggi da questo luogo che ha sperimentato una sofferenza e un bisogno umano così profondi, chiedo che si faccia di più per i poveri. Soprattutto, chiedo che i poveri dell'intero paese vengano trattati in maniera equa, che la loro dignità sia rispettata, che le scelte politiche ed economiche siano giuste ed inclusive...

Il criterio con cui trattiamo i poveri sarà quello con il quale verremo giudicati». Ma parla a braccio: «Permettetemi questa confidenza - prosegue Francesco - quando io ho visto da Roma questa catastrofe, ho sentito che dovevo essere qui. E in quei giorni ho deciso di fare il viaggio qui. Ho voluto venire per stare con voi. Un po' tardi - mi direte, in verità - però ci sono, sono qui! Sono qui per dirvi che Gesù è il Signore, che Gesù non ci delude... Potreste dirmi: “Padre, a me ha deluso perché ho perduto la mia casa, la mia famiglia, quello che avevo, ora sono malato...”. È vero, questo che mi dite e io rispetto questo sentimento, però allo stesso tempo Gesù è sulla croce e da lì non ci delude».

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