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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2015 alle ore 15:23.
L'ultima modifica è del 17 gennaio 2015 alle ore 19:33.

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Vanessa Marzullo (Ansa)Vanessa Marzullo (Ansa)

Vanessa Marzullo, la cooperante bergamasca rapita e poi liberata in Siria si è affacciata alla porta della casa in cui è tornata a Verdello per salutare i tanti giornalisti presenti. La ragazza, visibilmente stanca, ha fatto un gesto di saluto e si è limitata a dire ''grazie''. In precedenza, sollecitata dai cronisti, ha confermato di essere contenta di essere tornata.

In attesa del rientro a Gavirate (Varese) di Greta Ramelli, una delle due cooperanti rapite in Siria lo scorso agosto e liberate giovedì, i titolari di un bar vicino hanno appeso sul cancello della sua abitazione in via Amendola uno striscione con la scritta «Finalmente a casa». Da quanto si è saputo Greta sarebbe in viaggio insieme ai genitori e dovrebbe arrivare a Gavirate nel pomeriggio.

Vanessa «non ci ha chiesto scusa, perché non c’era nulla per cui chiedere scusa» ha detto il papà di Vanessa, Salvatore. «L'ho trovata bene e non ha subito violenze - ha aggiunto -. Si è dunque trattato di una brutta storia fortunatamente a lieto fine. Ora ha bisogno di qualche giorno di tranquillità. Anche a noi non ha ancora raccontato i dettagli». «Ringrazio di cuore tutti quelli che ci sono stati vicini in questi mesi e in questi ultimi giorni - ha sottolineato Salvatore Marzullo -, dal governo ai nostri vicini».

Per ora non voglio tornare in Siria. La situazione lì è insostenibile». Lo ha detto Greta Ramelli, rispondendo ai giornalisti poco dopo il suo rientro a casa a Gavirate in provincia di Varese. La giovane, che era arrivata in auto coi genitori Antonella e Alessandro e col fratello Matteo, ha però aggiunto che è comunque necessario «continuare ad aiutare» i siriani.

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