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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2015 alle ore 17:05.
L'ultima modifica è del 20 gennaio 2015 alle ore 00:13.

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(Corbis)(Corbis)

Lo shock del franco svizzero contagia, come temuto, i Paesi europei che non hanno ancora adottato la moneta unica, dalla Danimarca fino alla Croazia passando per la Polonia.

Il primo effetto domino è arrivato a Copenaghen: la Banca centrale danese ha infatti annunciato un taglio dei tassi d'interesse di 15 punti base allo 0,05%, mentre i tassi di remunerazione dei depositi sono stati portati a -0,2%. L’obiettivo dell'istituto è rispettare la sua missione principale, ovvero garantire un tasso di cambio stabile tra l’euro e la corona danese. La decisione, ha annunciato la banca, è stata presa in seguito «agli acquisti di valuta estera sul mercato», acquisti realizzati per evitare uno sfondamento del cambio al rialzo. Ora i tassi danesi sono allineati a quelli della Banca centrale europea.

A rischio il cambio fisso de facto con l’euro
La corona danese è di fatto agganciata all’euro dal 1° gennaio 1999, con una banda di oscillazione teorica del 2,25%, ma in realtà non si è mai apprezzata o deprezzata di più dell’1% sulla moneta unica, mantenendo un cambio di 7,4 (qui il cambio in tempo reale).

La settimana scorsa la Banca centrale svizzera ha spiazzato i mercati annunciando la fine del tetto di 1,20 tra franco svizzero ed euro difeso da oltre tre anni e abbassando i tassi sui depositi da -0,25% a -0,75 per cento. Una mossa che ha provocato un’immediata e violenta rivalutazione del franco, che è sceso fino a 0,86 sull’euro prima di stabilizzarsi intorno alla parità. Il timore dei danesi è di non riuscire a reggere questo cambio fisso di fronte a tali pressioni.

Decisione per anticipare il Qe
Sia la Svizzera che la Danimarca hanno agito prima della riunione della Bce di giovedì prossimo che, secondo le previsioni, avvierà un massiccio piano di acquisto di titoli di Stato, il cosiddetto Quantitative easing (Qe), per immettere liquidità nel sistema e cercare di portare l’Europa fuori dal rischio deflazione. Il Qe della Bce potrebbe innescare ulteriori pressioni ribassiste sull’euro e dunque mettere in pericolo la tenuta del tasso di cambio del franco svizzero e della corona danese sulla moneta unica.

La Danimarca è l’unico Paese della Ue, oltre al Regno Unito, ad avere una clausola di «opt-out» che le consente di non aderire all’euro pur facendo parte dell’Unione Europea. È anche uno dei pochi Paesi dell’Unione Europea - insieme a Germania, Lussemburgo e Svezia - ad avere un rating tripla A per tutte e tre le maggiori agenzie, cosa che rende più attrattivi i suoi titoli di debito.

In Croazia cambio fisso con il franco per difendere i mutui in valuta
Il contagio svizzero arriva anche nei Paesi dell’Est europeo, che hanno l’annoso problema dei mutui immobiliari contratti in franchi svizzeri. La Croazia ha appena preso una decisione drastica: stabilire per un anno un cambio fisso di 6,39 kune (la valuta locale) per un franco, il tasso di cambio precedente alla mossa a sorpresa della Banca centrale elvetica, per proteggere i 60mila concittadini che negli anni scorsi hanno contratto un mutuo in franchi.

La Polonia prepara «misure straordinarie»
Situazione simile in Polonia, dove i mutui in franchi ammontano a 36 miliardi di dollari, pari all’8% del Pil. Il presidente della Banca centrale, Marek Belka, ha detto che la rivalutazione del franco sullo zloty - la moneta polacca è passata in un giorno da un cambio di 3,6 a uno di 4,2 - richiede «misure straordinarie» (martedì si riunisce la Banca centrale e potrebbe annunciare decisioni in materia). La maggior parte dei 566mila polacchi che hanno mutui in franchi svizzeri li hanno contratti nel triennio 23006-2008, quando per un franco bastavano 2-2,5 zloty. La valuta polacca dunque ha quasi dimezzato il suo valore nei confronti di quella elvetica, un vero e proprio salasso per i mutuatari. Circa il 37% del debito delle famiglie polacche è denominato in franchi.

Mutui in franchi molto popolari a Est
I mutui in franchi svizzeri erano molto popolari nei Paesi dell’Europa centro-orientale durante il boom del mercato immobiliare che ha preceduto la grande crisi finanziaria degli ultimi anni. Questo perché i tassi sul franco erano molto più bassi di quelli in valuta locale e dunque più convenienti. L’improvvisa rivalutazione della valuta elvetica ora rende molto più costoso il pagamento delle rate e potrebbe provocare un’ondata di insolvenze e di pignoramenti.

L’eccezione ungherese
L’unico Paese al riparo appare l’Ungheria, dove il governo guidato da Viktor Orban ha approvato lo scorso anno una legge che ha obbligato le banche a convertire i mutui in valuta locale (il fiorino) a tassi di cambio vantaggiosi per le famiglie indebitate. Un provvedimento duramente criticato dalle banche internazionali presenti nel Paese (incluse quelle italiane), che però alla luce degli ultimi eventi ha protetto i mutuatari ungheresi. (G.Me.)

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