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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2015 alle ore 11:17.
L'ultima modifica è del 22 gennaio 2015 alle ore 14:39.

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(Ansa)(Ansa)

La Farnesina sta seguendo «attentamente» il caso di un italiano scomparso in Libia: la conferma è stata data dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, parlando a Londra prima di una conferenza sulla lotta all'Isis.

Il titolare della Farnesina ha parlato di «irreperibilità» senza sbilanciarsi sull'eventualità di un sequestro del connazionale, che secondo indiscrezioni sarebbe un medico operante nel Paese nordafricano. «Seguiamo il caso con il riserbo che è consueto in questi casi», ha spiegato Gentiloni. Il ministero degli Esteri ha fatto anche sapere che «sono già stati attivati tutti i canali di ricerca».

Intanto la procura di Roma ha aperto un fascicolo sul medico che risulta irreperibile in Libia. L'uomo - si è appreso - è il settantenne Ignazio Scaravilli, catanese, e di lui non si sa più nulla dal pomeriggio del 6 gennaio scorso. Il fascicolo aperto dal pm Sergio Colaiocco, contro ignoti, è per sequestro di persona con finalità di terrorismo.

Altri due italiani in ostaggio nel mondo
Qualora il medico fosse stato veramente rapito, sarebbe il terzo italiano preso in ostaggio nel mondo. Dopo la recente liberazione di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli in Siria, non si hanno ancora notizie infatti anche di Giovanni Lo Porto e Paolo Dall'Oglio. Il primo è stato rapito tre anni fa, il 19 gennaio 2012, insieme a un collega tedesco in Pakistan, dove lavorava per la ong tedesca Welt HungerHilfe (Aiuto alla fame nel mondo) alla ricostruzione dell'area messa in ginocchio dalle inondazioni del 2011. Quattro uomini armati li prelevarono con la forza nell'edificio dove lavoravano e vivevano con altri operatori a Multan, al confine tra Pakistan e Afghanistan. Il collega Bernd Muehlenbeck è stato liberato lo scorso 10 ottobre, mentre di Lo Porto non c'è traccia. Padre Paolo Dall'Oglio è invece scomparso in Siria nel luglio del 2013: 59 anni, gesuita romano, per trent'anni e fino alla sua espulsione nell'estate 2012, ha vissuto e lavorato nel suo Paese d'adozione in nome del dialogo islamo-cristiano. Regolarmente emergono notizie - mai confermate - sulla sua morte o detenzione in un carcere siriano.

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