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Bersani-Renzi, è scontro aperto

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Bersani-Renzi, è scontro aperto

  • –Mariolina Sesto

IL CASO CAMPANIA

È caos primarie in Campania: si ritira anche Migliore. Restano in lizza Cozzolino

e De Luca del Pd, Di Lello (socialisti) e Di Nardo (Idv)

roma

Pierluigi Bersani e con lui l’intera minoranza dem non ci sta. Non accetta l’invito di Renzi a confrontarsi su scuola, fisco, ambiente e Rai in una sede e con modalità ritenute inappropriate. «Non ci penso proprio - è la presa di posizione dell’ex leader -, perché io m’inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film non ci sto».

La tregua tra Matteo Renzi e la minoranza del Pd scattata con l’elezione di Sergio Mattarella al Colle sembra già tramontata. Non solo Bersani diserterà l’incontro di oggi sul programma di governo, ma fa anche sapere che non voterà l’Italicum se non ci saranno seri aggiustamenti. Il cerchio si chiude con una stroncatura in piena regola del Jobs act, ritenuto del tutto «fuori dalla Costituzione». Insomma, un’opposizione al leader Pd su tutta la linea.

«Polemiche sterili e ingiustificate», replica con altrettanta nettezza Renzi, «stupito» dall’aventino della minoranza. Il premier dichiara di non comprendere «chi gioca la carta della polemica interna» a fronte del suo invito al confronto. «Tutte le principali decisioni di questi 15 mesi», inclusi Jobs act e riforme, «sono state discusse e votate negli organismi di partito», sottolinea. E rivendica di essersi sempre misurato su tutti i temi con un metodo «aperto e inclusivo», tutt’altra cosa rispetto ai «caminetti ristretti del Pd vecchia maniera». Ma il segretario non sembra convincere i suoi interlocutori interni. Chi ha deciso di declinare l’invito, lo ha fatto a titolo personale. «Nessun ordine di scuderia», assicurano i bersaniani. Ma di fatto, spiegano, tanti parlamentari di Area riformista e di Sinistra dem, oltre ai civatiani, oggi non parteciperanno. Ci sarà il capogruppo Roberto Speranza e altri esponenti della minoranza come Francesco Boccia. Ma tanti altri spiegano di non aver gradito modi e tempi del confronto: «Non si possono invitare il mercoledì - osserva Nico Stumpo - oltre 400 parlamentari per il venerdì in una sala che contiene 200 persone, a discutere in 4 ore di temi di gran rilievo. Pier Luigi Bersani incrocia Lorenzo Guerini alla buvette della Camera e traduce il suo disappunto in una battuta: «Mi sto allenando con il burocratese...», dice in riferimento all’invito di Renzi a mandare un contributo scritto con linguaggio non burocratico. Poi in un’intervista ad Avvenire scandisce parole durissime: «M’inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film, non ci sto». L’ex segretario invoca un confronto nel merito senza chiusure preventive. Perciò avverte che il governo non può pensare di approvare alla Camera l’Italicum così com’è: «Il combinato disposto» con la riforma costituzionale «rompe l’equilibrio democratico». Dunque o cambia l’uno o l’altra. Ma il punto di rottura con Renzi è stato il Jobs act. Quella legge, secondo Bersani, «mette il lavoratore in un rapporto di forze pre-anni ’70» e si pone perciò «fuori dall’ordinamento costituzionale». Il fatto che il governo non abbia accolto le modifiche proposte «all’unanimità» dal Pd nei pareri sui decreti attuativi del Jobs act, fa apparire ora una «ridicola presa in giro», secondo Stefano Fassina, il gesto del segretario di convocare quegli stessi parlamentari a discutere di fisco.

Intanto è caos sulle primarie in Campania: continua la corsa a ritirarsi dalla candidatura. Ieri è stata la volta di Gennaro Migliore. A questo punto restano in lizza Andrea Cozzolino ed Enzo De Luca, i primi a scendere in campo, e poi Marco Di Lello per i socialisti e Nella Di Nardo per Idv.

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