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Italia, sale il rischio di attacchi

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Italia, sale il rischio di attacchi

  • –Marco Ludovico

ROMA

Rischio di attacchi più intenso, più esteso, più imprevedibile; eterogeneo e diversificato come mai prima d’ora. Lo scenario della minaccia tracciato dalla relazione 2014 dell’intelligence, diffusa ieri, racchiude e consente di vedere d’un colpo le insidie alla sicurezza nazionale. Oggi il protagonista è a tutti gli effetti il radicalismo della Jihad. Ma un peso specifico molto alto, nella valutazione dei servizi di informazione e sicurezza, è attribuito al cybercrime. Così come un capitolo ampio della relazione racconta lo sforzo di tutelare gli assetti strategici dell’economia nazionale. Certo, l’Italia «è un potenziale obiettivo» dei terroristi di matrice islamica e c’è «un rischio crescente di attacchi». Possono giungere dai foreign fighters ma, soprattutto, dai cosiddetti «lupi solitari» e da una «nuova generazione di jihadisti» che può sorgere tra gli immigrati di seconda generazione. Ma anche familiari o amici di combattenti, pronti a immolarsi davanti «all’eroismo dei loro cari». Del resto sul web agiscono «veri e propri centri di reclutamento per aspiranti jihadisti». E «lo scenario libico può trasformarsi in una minaccia diretta per l’Italia». L’intelligence ribadisce che non si conoscono «specifiche progettualità contro il nostro Paese». Ma dichiara in sostanza qual è il vero incubo, oggi, dei servizi e delle forze dell’ordine: la jihad individuale, «elementi isolati o microgruppi», al massimo «cellule dormienti che si riattivano» a causa di «indicazioni esterne». Si tratta di una «assoluta priorità» nel lavoro del Dis diretto da Giampiero Massolo e di Aisi e Aise, guidati da Arturo Esposito e Alberto Manenti. Senza trascurare un fenomeno relativamente nuovo e in crescita: la cyberjihad.

La battaglia contro il Tav ha ormai coagulato attorno a sé diverse realtà antagoniste, in cui si muovono anche settori anarchici che potrebbero fare il «salto di qualità». Anche perchè si registra un «innalzamento del livello di protesta» che potrebbe sfociare anche in «degenerazioni violente». Data cruciale resta il 1 maggio: quel giorno a Milano aprirà l’Expo, una vetrina per l’Italia, una scommessa per la pubblica sicurezza davanti al rischio di proteste e attacchi.

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