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Oggi il sì sulle riforme, partiti divisi

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Oggi il sì sulle riforme, partiti divisi

  • –Barbara Fiammeri

roma

Il numero legale non è a rischio. Fi, Lega e Sel hanno già fatto sapere che questa mattina saranno presenti in aula per pronunciare il loro «no». Il via libera della Camera alla riforma Costituzionale del Senato è dato per scontato da tutti e l’Aventino, confermato dai 5 Stelle, ricorda tanto il Moretti di Ecce bombo («mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?»). Anche la minoranza Pd ha deciso di ritirarsi in buon ordine (Fassina e Civati a parte) rinviando i propositi bellicosi contro il loro segretario/premier a dopo le regionali, quando arriverà il corpo a corpo sull’Italicum, la legge elettorale.

A questo punto l’unico pathos che riserva la giornata a Montecitorio sarà nell’identificare gli assenti tra le fila di Fi, visto che il «no» alla riforma deciso da Silvio Berlusconi non sembra aver riscosso unanime consenso tra i deputati azzurri, molti dei quali ieri hanno preferito disertare la riunione del gruppo alla Camera anche perché, come ammesso dallo stesso presidente Renato Brunetta, si trattava solo di «un passaggio formale». La decisione il Cavaliere l’aveva già presa e resa nota urbi et orbi. Resta il fatto che non pochi sembrano rimasti spiazzati dall’inversione a U del leader azzurro, che solo un paio di mesi fa di quella stessa riforma tesseva le lodi addirittura rivendicandone la paternità («era la nostra riforma») e facendola votare ai suoi senatori. Il dissenso non è infatti solo tra i parlamentari vicini al custode di quel che fu il patto del Nazareno Denis Verdini (Abrignani, Parisi D’Alessandro, Faenzi) ma anche di quell’ala prevalentemente lombarda vicina al capogruppo al Senato Paolo Romani e a Maria Stella Gelmini, che avrebbero preferito un’astensione anzichè il voto contrario. Non è da escludere che qualcuno si schieri apertamente per il «sì». Certo non i fittiani, che contro le riforme si sono schierati fin dall’inizio. Daniela Santanchè, la pitonessa, dice che ci penserà durante la notte mentre Gianfranco Rotondi il suo voto favorevole lo ha già dichiarato. «Questo è un momento cruciale non dobbiamo dividerci», l’appello lanciato ieri da Renato Brunetta.

Già perché proprio in coincidenza con il voto sulla riforma Costituzionale, dall’altra sponda del Tevere, la Cassazione è chiamata a pronunciarsi sul caso Ruby, a decidere se confermare l’assoluzione o riaprire il processo di merito in Corte d’Appello. Berlusconi attenderà ad Arcore il verdetto, che lo preoccupa assai di più dei mal di pancia tra le fila azzurre. «Dimostreremo di essere uniti, l’unità con Berlusconi, tutto il resto sono chiacchiere», attacca Brunetta. Fi però è in sofferenza e certo non aiuta l’atteggiamento dell’altro Matteo (Salvini), che ormai detta al Cavaliere le condizioni per consentirgli di allearsi con la Lega alle prossime regionali (presumibilmente si terranno il 31 maggio e non più il 10). «Se Fi vota davvero “no” alle riforme allora lo scenario cambia», diceva ancora ieri Roberto Maroni. E Giovanni Toti, che di Berlusconi è consigliere politico, per cancellare l’immagine di un partito alle corde replica intimando a «tutti gli amici del centrodestra di smetterla di tirare per la giacca Fi sulle riforme». Toti ce l’ha anche con Angelino Alfano e il suo Ncd che ieri ha invitato Berlusconi a «non accettare i diktat» del Carroccio, a non «inchinarsi agli estremismi».

A giovarsi del caos del centrodestra è certamente Matteo Renzi, che si prepara giovedì a dare il via in Consiglio dei ministri al ddl Scuola. Il premier è tranquillo. Nessuna imboscata è alle porte. Il nervosismo manifestato da Scelta civica con un’ora di assenza durante i lavori parlamentari è già rientrato. Ma soprattutto la minoranza Pd, nonostante minacce e riserve, alla fine - con qualche eccezione - voterà la riforma. Del resto non è l’approvazione definitiva. Il Ddl dovrà tornare al Senato ancora una volta, prima della pausa di tre mesi per il via libera definitivo, e a Palazzo Madama i numeri sono assai più risicati. Ma se ne riparlerà dopo le Regionali, come per l’Italicum.

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LA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE

I contenuti

SENATO

Sarà composto da 95 senatori eletti dai Consigli Regionali più 5 nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per 7 anni. Avrà competenza legislativa piena solo sulle leggi costituzionali e potrà chiedere alla Camera la modifica delle leggi ordinarie, ma Montecitorio potrà non tener conto della richiesta

CAMERA

Sarà l’unica Assemblea legislativa e anche l’unica a votare la fiducia al governo. I deputati rimangono 630 e verranno eletti a suffragio universale, come oggi. Su una serie di leggi che riguardano il rapporto tra Stato e Regioni, la Camera potrà non dar seguito alle richieste di modifica del Senato solo respingendole a maggioranza assoluta

SENATORI-CONSIGLIERI

I 95 senatori saranno ripartiti tra le regioni sulla base della loro popolazione. I Consigli regionali li eleggeranno con metodo proporzionale tra i propri componenti; uno per ciascuna Regione deve essere sindaco. Avranno l’immunità: non potranno essere arrestati o sottoposti a intercettazione senza autorizzazione

TITOLO V

Sono riportate in capo allo Stato alcune competenze come energia, infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto. Su proposta del governo, la Camera potrà approvare leggi nei campi di competenza delle Regioni, «quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale»

PRESIDENTE REPUBBLICA

Lo eleggeranno i 630 deputati e i 100 senatori (via i rappresentanti delle Regioni previsti oggi). Per i primi tre scrutini occorrono i due terzi dei componenti, poi dal quarto si scende ai tre quinti; dal settimo scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti

CORTE COSTITUZIONALE

Cinque dei 15 giudici costituzionali saranno eletti dal Parlamento: 3 dalla Camera e 2 dal Senato. Per il referendum serviranno 800mila firme. Dopo le prime 400mila la Corte costituzionale darà un parere preventivo di ammissibilità. Potranno riguardare o intere leggi o una parte purché questa abbia un valore normativo autonomo

DDL INIZIATIVA POPOLARE

Salgono da 50.000 a 250.000 le firme necessarie per presentare un ddl di iniziativa popolare. Però i regolamenti della Camera dovranno indicare i tempi precisi di esame, una clausola che oggi non esiste e che quindi va scritta ex novo

LEGGE ELETTORALE

Introdotto il ricorso preventivo sulle leggi elettorali alla Corte costituzionale su richiesta di un quarto dei componenti della Camera. Tra le norme provvisorie c’è anche la possibilità di ricorso preventivo già in questa legislatura per le leggi elettorali (es. Italicum) che verranno approvate dal Parlamento

I tempi e le modalità dell’approvazione finale

IL PASSAGGIO AL SENATO

Il Senato si dovrà esprimere in seconda lettura, e a maggioranza semplice, solo sulle parti nel frattempo modificate dalla Camera. Si tratta di modifiche come l’innalzamento del quorum per eleggere il presidente della Repubblica e l’estensione del sindacato di legittimità preventiva della Corte costituzionale anche al prossimo Italicum

LA SECONDA LETTURA

La seconda doppia lettura da parte di Camera e Senato deve poi avvenire, secondo quanto stabilito dall’articolo 138 della Costituzione, dopo una pausa di almeno tre mesi. Sarà un voto secco (sì o no) su tutto il disegno di legge costituzionale, questa volta però a maggioranza assoluta

REFERENDUM

L’articolo 138 prevede che se una legge di modifica costituzionale non è approvata da entrambi i rami del Parlamento con i due terzi, può essere sottoposta a referendum confermativo entro 3 mesi dall’ultima approvazione: la richiesta può essere fatta da un quinto dei membri di una Camera, o cinquecentomila elettori, o cinque Consigli regionali

CONSULTAZIONE NEL 2016

La legge 352 del ’70 che regola i referendum prevede tempi tecnici non inferiori a 7 mesi: quindi se il sì definitivo ci sarà prima dell’estate come prevede il governo, il referendum potrà tenersi a febbraio 2016. E a giugno dello stesso anno finisce la clausola di salvaguardia dell’ultima versione dell’Italicum: la legge elettorale entrerà in vigore comunque