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Lupi cede: «Parlo alla Camera e mi dimetto»

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Lupi cede: «Parlo alla Camera e mi dimetto»

  • –Emilia Patta

IPOTESI SDOPPIAMENTO

Si lavora per separare

le Infrastrutture dai Trasporti

dove potrebbe andare Quagliariello (Ncd), in pista

anche per gli Affari regionali

ROMA

Un vertice all’ora di pranzo a Palazzo Chigi, prima della partenza di Matteo Renzi per il vertice Ue, durante il quale Maurizio Lupi ha preso atto della volontà del premier di chiudere rapidamente il caso ed evitare di arrivare la prossima settimana al voto sulla mozione di sfiducia individuale presentata da M5S e Sel. «Perché a quel punto - ha ripetuto Renzi - il Pd non sarà in grado di coprirti». Quasi le stesse parole che nel frattempo usava alla Camera la ministra Maria Elena Boschi: «I gruppi decideranno in autonomia...». Al vertice era naturalmente presente anche il ministro degli Interni e leader del Nuovo centrodestra Angelino Alfano, che si è premurato di avvertire assieme al premier il Capo dello Stato Sergio Mattarella, che ha parlato anche con lo stesso Lupi, delle imminenti dimissioni. Ma Lupi, finito pur non essendo indagato nel tritacarne mediatico delle intercettazioni telefoniche con l’arrestato Ercole Incalza nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Firenze su tangenti e grandi opere, non ha voluto rinunciare alla sua difesa in Parlamento: oggi andrà alla Camera per la prevista informativa sul caso e dopo rassegnerà le dimissioni.

La notizia arriva un po’ irritualmente durante la trasmissione Porta a porta: «Domani (oggi, ndr) dopo l’informativa alla Camera che ho fortemente voluto rassegnerò le dimissioni», è l’annuncio del ministro dimissionario che si dice sicuro che «la mia decisione rafforzerà l’azione dell’esecutivo». Parole che tolgono le castagne dal fuoco al Ncd e soprattutto al Pd, che subito tira un sospiro di sollievo. È Renzi stesso, da Bruxelles, a commentare in serata la scelta di Lupi: «Una scelta saggia, per sé, per Ncd e per il governo». Aggiunge il vicesegretario Lorenzo Guerini: «Avanti insieme per procedere senza esitazione a cambiare l’Italia e a renderla più giusta e competitiva». L’annuncio delle dimissioni depotenzia infatti la sua difesa di oggi a Montecitorio e toglie dall’imbarazzo il Pd, che avrebbe dovuto mettere agli atti la mancata difesa di un ministro del suo governo.

È un addio amaro, quello di Lupi. Circondato dal sostegno formale del Ncd e di Alfano che tuttavia non se l’è sentita, per evitare una vera e propria crisi politica nella maggioranza, di difenderlo fino in fondo. E in tv ci tiene a precisare che «Renzi non mi ha chiesto le dimissioni» e Ncd «mi ha sostenuto», ma sottolinea anche che nel suo caso «Renzi non è stato garantista, non essendo io neanche indagato». Piccole punture. Per Lupi, fano sapere dal Ncd, è pronto il ruolo di capogruppo alla Camera anche per «dimostrargli la vicinanza del partito e di Alfano». A sostituirlo nel governo sarà invece Gaetano Quagliariello, che manterrebbe anche la sua attuale carica di portavoce nazionale del Nuovo centrodestra. Per Quagliariello potrebbe essere pronta la poltrona degli Affari regionali rimasta libera dopo l’addio di Maria Carmela Lanzetta, magari rafforzata con una parte della gestione dei fondi Ue (ritorna in queste ore l’idea di una sorta di ministero del Sud).

Resta in campo, come anticipato ieri dal Sole 24 Ore, l’ipotesi dello spacchettamento del ministero in Infrastrutture e Trasporti (servirebbe un decreto, in questo caso, per intervenire sulla legge Bassanini del ’97 e sul successivo decreto delegato del ’99). Ai Trasporti potrebbe andare in questo caso lo stesso Quagliariello, mentre nel più importante ministero delle Infrastrutture andrebbe un uomo o una donna di fiducia del premier: si fanno i nomi di Luca Lotti e di Debora Serracchiani, che in caso dovrebbe lasciare la presidenza della regione Friuli Venezia Giulia, ma anche dei non politici Mauro Moretti e Andrea Guerra. Continua a circolare anche l’ipotesi, che sarebbe senz’altro un colpo d’immagine per il premier, di affidare il delicato ministero al presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone. Stasera una nuova riunione tra Renzi, di ritorno da Bruxelles, Alfano e Lupi dovrebbe trovare la quadra. «Lunedì sarò dal capo dello Stato per parlare del nuovo ministro» ha assicurato ieri sera Renzi.

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LA VICENDA

L’arresto di Incalza

Martedì scorso la procura di Firenze ha arrestato 4 persone, tra cui Ercole Incalza, ex capo della struttura tecnica del ministero delle Infrastrutture dedicata alle grandi opere. Quello che emerge, secondo l’accusa è un sistema in base al quale buona parte delle grandi opere appaltate in Italia negli ultimi 10 anni sarebbero viziate da corruzione e da turbativa. Agli arresti anche l’ingegnere Stefano Perotti (considerato figura centrale nella vicenda), Franco Cavallo (mediatore amico di Perotti) e Sandro Pacella (collaboratore di Incalza)

I rapporti con Lupi

Gli atti dell'inchiesta evidenziano una «influenza» di Incalza sul ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, fino al punto che - pur di salvare il posto a Incalza - si sarebbe potuta creare una crisi dell'Esecutivo. Perotti secondo quanto riportato nell’inchiesta, avrebbe fatto assumere Luca Lupi, figlio del ministro. Gli arrestati avrebbero fatto al ministro delle Infrastrutture e ai suoi familiari anche dei regali: un vestito sartoriale per Lupi e un Rolex da 10mila euro al figlio, in occasione della laurea. Ma si parla anche di cene elettorali per reperire fondi

L’annuncio di dimissioni

Subito si è levata da parte delle opposizioni la richiesta di dimissioni, ma Lupi ha resistito, rivendicando il fatto di non essere indagato. Nonostante la sua frase «il governo è con me», e la difesa di Alfano, il premier Renzi ha continuato a premere per le dimissioni di Lupi. A far precipitare la situazione l’intercettazione con la telefonata in cui il ministro parla del figlio Luca. Ieri è arrivato l’annuncio di Lupi: «Oggi ho incontrato Renzi. Ho anche telefonato a Mattarella, come doveroso fare. Dopo l’informativa che farò in Parlamento rassegnerò le dimissioni»